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lunedì 27 dicembre 2010

L'anima autentica di Raiz

da " Il quotidiano della Basilicata"


L'anima autentica di Raiz un po' beat, un po' neomelodico


di Francesco Altavista


Potenza –Raiz, o meglio “O’ Rais “ sarà al Cine-teatro “ Due Torri” a Potenza il prossimo lunedì 27 dicembre, nell’ambito del festival di musica indipendente “ If 6 was 9” organizzato dall’associazione culturale “ Multietnica”. Arriva nel capoluogo lucano dopo il successo del suo secondo album da solista “ Uno”. In un’intervista per “ Il quotidiano della Basilicata” cerchiamo di andare oltre la maschera “Raiz” creata dall’’ex front man degli Almamegretta .
La “Jamaica Napoletana” lo stile dei tuoi due primi album da solista : “ Wop” e” Uno” , in cosa consiste?
Nasce dalla voglia di contaminare, di mescolare diverse influenze. Io sono cresciuto ascoltando da una parte la musica tradizionale napoletana e dall’altra il reggae. Ho cercato di mettere insieme queste due cose. Mettere insieme quindi la musica afro-americana al mediterraneo.
Del nuovo album” Ya” in uscita nella primavera prossima cosa ci puoi anticipare?
E’ un album prodotto dai Planet Funk e quindi ci saranno ritmi più elettronici-dance., In questo disco contamino il mediterraneo con l’elettronica. Un album un po’ più forte che porterà a dei live altrettanto potenti che comprenderanno il movimento del corpo e quindi il ballo.
In alcuni pezzi sei definito un neomelodico. Hai realizzato nel 2007 il pezzo “ Nu Napolitano” in collaborazione con il padre dei neomelodici Nino D’Angelo. Come è nata questa collaborazione ?
Definirti neomelodico significa accostandoti al famoso Gigi D’Alessio?
Conosco Gigi personalmente, siamo amici. Lui ha incontrato autori italiani come Baglioni e io Bob Marley . Ognuno di noi si è mosso in ambiti diversi ma partendo dalla stessa radice, in comune il gusto per la melodia e per la canzone sentimentale. La definizione di neomelodico allargato al mediterraneo mi va bene. Nino credo che sia stato influenzato dagli Almamegretta all’inizio. Da un certo punto in poi ha cominciato a diventare più mediterraneo e si sono aperte le porte per una collaborazione. Tra l’altro Nino è uno dei miei maestri mi ispiro a lui per cantare. Gli ho invidiato tanti pezzi.
Quale cantante napoletano sceglieresti oggi per un duetto?
Non si può fare ma sceglierei Sergio Bruni, senza ombra di dubbio.
Ha fatto diverse volte anche l’attore sia a teatro con opere di Brecht che al cinema. E’ una carriera che vuoi intraprendere ?
Mi piacerebbe lavorare in questo ambito. Lo stesso Raiz è un personaggio, io sono altro nella dimensione privata ed è abbastanza distante da quello che sono nei concerti.. Raiz si presenta come un personaggio che non è alla moda, non è comune. Raiz interpreta il decadimento dell’umano,ciò che è andato perso in questi anni. Il tutto esasperando le percezioni.
Ti sei occupato anche di un reading di poesie della Beat Generation. Cosa in te c’è di quella filosofia che in Italia è stata recepita solo in parte?
Gli artisti beat cercavano di creare un mondo nuovo, senza avere preconcetti. Era una rivoluzione politica , spirituale e culturale. In questo essere senza preconcetti mi ritrovo molto. Sicuramente è difficile condividere quello che è stato fatto, perché erano altri tempi, però lo spirito di lottare senza pregiudizi è molto condivisibile. Beat è anche un fenomeno di mescolanza di razze, in Italia chi leggeva i beat erano solo chi si definiva comunista che per storia politica non potevano accettare delle logiche che erano tutte statunitensi. Era un fenomeno molto complesso, crisi dei valori borghesi, rifiuto dei precetti dei padri ; in Italia non poteva all’epoca diffondersi totalmente. Oggi è molto più facile accettarne lo spirito ed è secondo me importante farlo.
Gli Almamegretta, band che hai formato era stata concepita come un collettivo aperto. Era un nuovo modo di intendere l’Indie?
Le major oggi stanno morendo. Ormai è tutto abbastanza “Indi” e il mercato degli album è al collasso mentre i live rivivono . Il concetto di band fissa va quindi riformulato. Bisogna fare tante collaborazioni, fare cose diverse. Muore il tipo di band degli anni 70 , si guarda all’apertura a progetti di scambio. Con gli Almamegretta in parte ci siamo riusciti , perché io sono uscito ma ogni tanto rientro per delle collaborazioni , dei concerti . Gli Almamegretta all’epoca erano un po’ avanti ma quelle decisioni e idee sono risultate giuste.
Cosa è la Bellezza?
La Bellezza è sicuramente un valore. Un valore con cui ti senti a tuo agio.

venerdì 17 dicembre 2010

CCCP, CSi ,PGR: Intervista a Giorgio Canali

da "Il quotidiano della Basilicata"


It 6 was 9, c'è Giorgio Canali


di Francesco Altavista

Potenza- “ If 6 was 9” titolo di uno stupendo pezzo di Hendrix, è anche il nome del festival di musica indipendente messo in campo da Multietnica, al Cineteatro Due Torri a Potenza. . Ci sarà Raiz e Fausto Mesolella il 27 dicembre, i Nobraino a chiudere il 30 e questa sera( annullato) aprirà la manifestazione il grande Giorgio Canali con i Rossofuoco. Un artista che ha collaborato con i CCCP , fondando i CSI e i PGR con Giovanni Lindo Ferretti e Gianni Maroccolo. In anteprima Giorgio Canali si concede per un’intervista a “ Il quotidiano della Basilicata”.
Giorgio sei arrivato al quinto album con i Rossofuoco: “Nostra signora della dinamite”del 2009.Nell’album il Messico diventa senza nuvole e la luna ulula a te. Un capovolgimento della realtà per interpretare il mondo?
Guardare la realtà con un occhio diverso è una specie di tic nervoso che ho da sempre. Cercare di rovesciare le prospettive di visione, di guardare tutto attraverso un angolo diverso. Nel momento in cui uno pensa, ragiona e ha dei sentimenti nascono delle storie che si possono raccontare. Io le racconto a modo mio, chiunque scriva ha una visione diversa dagli altri e quando capita qualcuno che capisce quello che scrivi è molto bello, di solito è il motivo principale per il quale si scrive. Quando dal vivo incrocio lo sguardo di qualcuno e rileggo in quegli occhi le mie parole, io sono felice. Bisogna trovare qualcuno che sia in qualche modo simile a te. Di solito è questo che ti spinge a fare musica.
Questo disco arriva lo stesso anno e lo stesso giorno dell’album “Ultime notizie di cronaca” che tu hai fatto con i “ Per Grazia Ricevuta” con il leader dei CCCP, Lindo Ferretti. Con quest’ultimo hai lavorato molto ma non c’è molta simpatia di idee e poetica, perché non ti ha sorpreso quella che tutti chiamano la svolta filo clericale di Ferretti?
Lui vive in montagna io in pianura, a lui piace altura e io la schifo. Lui ama l’aria pulita, io amo il fuoco delle ciminiere di Ferrara e questo è uno dei motivi perché vivo in una città di merda come Ferrara, è talmente inquinata che mi fa sentire più pulito. Lui è trascendente io immanente. Quando ho conosciuto Giovanni era già filo clericale, io ricordo “punkettoni” con la cresta che al concerto dei CCCP cantavano “Madre di Dio “ con lui , quella è una vera preghiera. Non ho mai capito questo aspettarsi un mangia preti. E’ un massimalista.
In questo momento politico, cosa da artista militante e lottatore si sente di dire ?
La politica è fatta di cicli sembra che cambi ma poi alla fine non cambia niente. Lo vediamo in questi giorni nelle strade di Roma, gente menata, incendi. In questo momento mi viene in mente una frase che dice “ chi sa suonare suoni gli altri prendano i bastoni “ .
Cosa è Bellezza?
E’ rigorosamente qualcosa che mi tocchi il cuore , il resto non mi riguarda. E’ questione di sentimenti anche facile se vuoi, deve far vibrare forte.

mercoledì 15 dicembre 2010

La Locandiera secondo Jurij Ferrini

da " il quotidiano della Basilicata"





" Mirandolina una donna caliente capace di bastonare gli uomini

La Locandiera di Ferrini, sensualità da Applausi

Il capolavoro di Goldoni diventa una prova riuscita di metateatro



di Francesco Altavista



Potenza – Desiderio, amore e sensualità. La fortunata penna del rivoluzionario Goldoni viene corteggiata da Jurij Ferrini per scrivere, nella travolgente commedia storica del 1751, queste tre parole: Desiderio, amore e sensualità. Lo spettacolo messo in scena nell’ambito della rassegna “ Teatri in Rete” nel suggestivo teatro “ Stabile “ di Potenza si presenta come un fremito che ti prende dalla testa al ventre, quello di desiderare una donna, adorarla a tal punto da pendere dalle sue labbra ma ricevere solo qualche giochetto d’amore dalla bella locandiera Mirandolina dall’accento spagnolo, interpretata magistralmente da una travolgente Ilenia Maccarrone; oppure disprezzarla, trattarla con indifferenza a tal punto da avere l’illusione di poterla comandare e non ricevere amore ma solo pietà come nel caso del Cavaliere, interpretato da Jurij Ferrini. Quest’ultimo, autore di una regia sorprendente, trasforma un già rivoluzionaria commedia goldoniana in meta-teatro, dove i personaggi si confondono agli interpreti e viceversa, creando esilaranti momenti di spaesamento artistico nel pubblico. Quest’ultimo che alla fine si lascia trasportare da uno scrosciante applauso interrotto solo dall’accensione delle luci e dalla chiusura del sipario, si accorge della ricchezza di un palcoscenico senza una scenografia super accessoriata ,ma composta dagli attori vestiti in abiti normali mentre i costumi li circondano appesi quasi a rappresentare l’atto di posare la maschera della finzione per prendere quella della contraddizione. Esilarante la performance del Marchese interpretato da Marco Zanutto e del conte Angelo Tronca, rivali e compagni della stessa sventura; entrambi consapevoli del privilegio di essersi innamorati e altrettanto coscienti dell’illusione di un amore corrisposto. Agli interrogativi che “ La Locandiera” del maestro Goldoni già dava, si aggiungono le attualizzazioni di Ferrini che in due ore pienissime che lo spettatore vive intensamente tra una risata e una riflessione, approfitta per lanciare la sua frecciata ai tagli al teatro. Il copione è interpretato con rispettosa attenzione rimarcata da Massimo Boncompagni, servo del cavaliere ma anche colui che segue il copione , dando importanza ad una lingua elegante e antica. Il tutto viene galvanizzato senza lasciare spazi oscuri ma convincendo da tutti i punti di vista. Importante la performance di Matteo Ali nei panni di Fabrizio come le prestazioni di Liliana Laera e Wilma Sciutto interpreti delle due commedianti. Non capita spesso di incontrare personaggi del mondo dell’arte come Jurij Ferrini, il quale si intrattiene per una breve intervista per “ Il quotidiano della Basilicata”.
Maestro, da Goldoni a Jurij Ferrini. Quale è stato il suo approccio ad un copione del 1751 molto importante per la storia del teatro come “ La Locandiera “ ?
Il testo è stato rispettato, un lavoro molto preciso sulla lingua e sulla parola. Alla fine Goldoni ha scritto una commedia e quindi deve far ridere deve funzionare con la sua struttura comica, quindi non è tanto un ossequio ma l’idea di utilizzare la struttura per parlare al pubblico di oggi. E’ vero che Goldoni spoglia i personaggi dall’improvvisazione della commedia dell’arte ma ci sembrava importante lasciar tornare il senso della riforma, restaurare la riforma con caratterizzazioni moderne della personalità lasciando anche spazio all’improvvisazione.
Cosa ci può dire della sua Mirandolina?
Intanto Mirandolina è cambiata più volte in sette anni di questo spettacolo. In questa edizione è interpretata da Ilenia Maccarrone con la quale abbiamo lavorato sulle possibilità di liberarsi di ogni freno inibitore. In realtà gioca sulla lingua creando qualcosa di assolutamente esterno al testo , si vede una bellissima donna seducente, “caliente “, nell’immaginario assolutamente passionale. E gli uomini ne escono assolutamente bastonati, diventano oggetti di questa donna forte forse un po’ crudele nel terzo atto. In realtà la commedia era finita già al secondo atto, Goldoni ha voluto infierire.
Hai fatto anche un po’ di televisione con due serie televisive. Quale è il tuo rapporto con il mezzo televisivo?
Oggi si assiste al ritorno alla sceneggiato televisivo che è una cosa importante e meravigliosa che permette agli attori veri di esprimersi. Le fiction invece, porta avanti dei nomi che durano sei mesi creando un’inflazione tale che loro non imparano a recitare e a noi non fanno un buon servizio. A mio parere quello che fanno è noioso a partire dalla scrittura, prima ancora di vederli recitare, la scrittura è terrificante. Quando mi sono trovato a lavorare con queste cose, mi sono trovato in mano testi che non sapevo come dirli, talmente stupidi da rivelare quello che non deve essere detto, perché deve parlare dall’interno di un attore.
Cosa è la Bellezza?
La Bellezza è incanto, è l’incanto che si può creare, tutto quello che ti tiene avvinto e che ti ferma il respiro senza grosse emozioni.






venerdì 10 dicembre 2010

Israel Varela e le sue contaminazioni

da " Il Quotidiano della Basilicata"


Israel Varela il mago delle contaminazioni


di Francesco Altavista


L’11 dicembre per la rassegna “ Officina del Jazz” a Matera è la volta dell’ Isreael Varela Quartet accompagnato da Shai Maestro. La città dei sassi è la prima data del mini tour di dicembre dell’artista messicano, sarà poi: a Roma,Pescara e Firenze. Varela arriva a Matera dopo il grande successo del suo primo album da solista “Tijuana Portrait” ma presenterà in collaborazione con Shai Maestro in anteprima nazionale il suo secondo album :“Border People" in uscita il 5 dicembre. Israel Varela classe 1979 è un musicista straordinario che nonostante la sua giovane età gira il mondo con la sua arte, prima della partenza per la Cina riusciamo a sottrarlo ai suoi doveri per qualche minuto in un’intervista esclusiva per “ Il quotidiano della Basilicata”.
Maestro, "Border People" è un grande disco dove diversi artisti suonano insieme i suoi brani . Quali sono le nuove contaminazioni e le nuove partecipazioni?
La novità di questo disco è in parte la collaborazione con il mio grandissimo amico e grande musicista Kamal Musallam che suona il Oud, colorando il disco con colori arabi. C’è anche la partecipazione di Diego Amador per i colori del flamenco; il pianista Claudio Filippini che ha portato tanta magia nel disco. Il resto dei collaboratori sono stati geniali :c’è anche la collaborazione con il mio maestro Alex Acuna in un brano che ho dedicato a lui.
Lei è nato in una famiglia di musicisti e direttori d’orchestra, ha poi studiato due anni con Dave Weckl, al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano e al Conservatorio Santa Cecilia di Roma.Ma il suo maestro è Alex Acuna. Quanto e perché è stato importante questo incontro per lei?
Alex è come un secondo padre per me, è una persona di grande fede che mi ha dato sempre un grande esempio non solo di musica ma sopratutto di vita, umiltà e perseveranza. L’'ho conosciuto a San Diego. Io avevo 14 anni quindi con l'incoscienza di quella età andai e gli dissi che volevo studiare da lui . Mi ricordo che ridendo mi ha dato il suo telefono e mi ha detto: “chiamami e vediamo”. Avrò chiamato almeno 10 volte ma era sempre in giro in tour, finalmente un giorno mi disse: “ok vieni domani” . Ho fatto la mia audizione da lui e da lì sono diventato l'unico allievo che ha avuto nella sua vita. Ho studiato 3 anni privatamente e non ha mai voluto dei soldi. Mi ha poi indirizzato a Dave Weckl. Questo è Alex Acuna.
Nei suoi due album, tra le altre cose sorprende la maturità artistica nonostante la sua giovane età . Quale è il suo modo di intendere la musica ?
La musica non cerco di intenderla né capirla, semplicemente la faccio. Penso che tante volte sia la musica ad ascoltare noi e le nostre anime e tante volte noi non siamo in grado di essere abbastanza sensibili per capire cosa vuole da noi. La musica mi trova sempre, perche ho sempre la mia porta aperta per farla entrare.
Il primo album contiene un pezzo,che dà il nome all’album, dedicato alla sua città “Tijuana Portait”e uno alla città dove ha vissuto due anni, Milano . Cosa del Messico si porta con se , anche nello stile musicale? Quanto è stata importante per lei Milano?
Tijuana la mia città natale è una città che non ho mai lasciato; la porto sempre con me in ogni paese. Come stile mi porto alcuni ritmi e colori del Messico come il Huapango e altri ritmi del sud. Ho voluto raccontare attraverso la mia musica un po’ di Tijuana che oltre ad essere la città in cui sono nato, fa parte anche di quello che sono. Milano mi ha dato tanto, mi ha fatto crescere come persona, è una città molto difficile, in due anni che ho vissuto lì, avrò fatto due o tre concerti. “Via Lecco 11”( il titolo del pezzo) era casa mia, semplicemente ho voluto scrivere questo pezzo per rivivere ricordi e memorie che sono rimaste in quel posto.
Riesce a contaminare molti generi musicali, jazz e flamenco, come è nato questo suo stile? Ci puoi spiegare cosa vuol dire”Flamenco Jazz Drumming” ?
Il Flamenco ha trovato me, non io il flamenco. Nel 2001 sono andato a Barcellona a visitare un mio amico Carles Benavent e ad un certo punto mi ha regalato dei dischi di flamenco. Torno a casa e il primo disco che ho messo nel cd player era “el aire de lo puro” di un certo Diego Amador. Comincia la prima traccia e dopo nemmeno 10 secondi ho pensato dentro di me: “io voglio suonare questa musica e voglio suonare con Diego Amador”.Una musica che mi ha lasciato senza parole perche Diego Amador suona il pianoforte come se fosse una chitarra, usando i voicings, rasgueo e i ritmi della chitarra. Mi sono accorto che non c'era la batteria per i “palos”(ritmi flamenco) e ho pensato che la mia batteria avrebbe potuto funzionare. Ho applicato tutti gli elementi del flamenco(cajon, baile, palmas, ) alla batteria sviluppando un linguaggio tutto mio che combinandolo con la musica latina e il jazz mi ha dato una voce propria sullo strumento e sul mio modo di intendere la musica in generale. Dopo anni di studio serio sul flamenco un bel giorno nel 2008 mi chiama Diego Amador e mi chiede se voglio entrare nel suo Trio usando per la prima volta la batteria e non il cajon. Avevo ragione io 7 anni prima quando pensai che la batteria suonata con rispetto e conoscenza del flamenco poteva andare bene con il miglior musicista flamenco di oggi. E oggi è il trio con cui giro gran parte del mondo.
Hai collaborato e suonato con i grandi. Come è stata l’esperienza con il grande Pat Metheny?
Pat Metheny è un grande esempio di che cosa si può costruire con il talento e la perseveranza. Ha le idee molto chiare di cosa vuole raggiungere con la sua musica e ha una filosofia e disciplina per il lavoro che poche persone hanno, non per niente si chiama Pat Metheny. Quando suono con lui alla fine la cosa che meno importa è la musica stessa e più che altro uno scambio di esperienze di vita che parlano mentre suoniamo. Quello che i grandi del Jazz vogliono non è il super genio che riesce a suonare come Pat Metheny. Vogliono suonare con gente che abbia qualcosa di autentico, di unico. Per me grazie al flamenco, al mio background famigliare e ai meravigliosi insegnanti che ho incontrato, posso dire che non sono né il migliore né il peggiore. Sono “diverso”, questo per lavorare è fondamentale.
Cosa è la Bellezza?
Per me la Bellezza è semplicemente Dio e più concretamente Gesù di Nazareth .

sabato 27 novembre 2010

Irio De Paula e le sue mille corde

da " Il quotidiano della Basilicata"


Il padre della bossa nova prossimo ospite di officina del Jazz

" La chitarra è il mio stumento.Improvvisare un divertimento"

Le mille corde di Irio De Paula


di Francesco Altavista



Matera – La manifestazione Officina del Jazz si sta dimostrando come una porta sulla grandiosità della musica, portando nella città dei Sassi artisti di calibro internazionale. Domenica 28 novembre con un concerto nell’Auditorium R. Gervasio in piazza Sedile, Matera è chiamata ad un appuntamento con la storia, arriva il mito Irio Nepomuceno De Paula.Il compositore e musicista brasiliano considerato uno dei padri della Bossa Nova e re dei ritmi brasiliani, vive in Italia dagli anni 70 arrivato al seguito della cantante brasiliana Elza Soares; in Italia realizza un album storico e incredibile :“ Per un pugno di samba” cantato in italiano realizzato a Roma nel 1970 con altri due miti della musica internazionale, Francisco "Chico" Buarque con arrangiamenti di Ennio Morricone. Porterà sul palcoscenico materano insieme al suo trio una storia musicale incredibile cominciata con l’album d’esordio Brasil 40° del 1966. Grazie all’allegria e alla disponibilità del maestro Irio De Paula davvero coinvolgente, ci accostiamo, in un’intervista per “ Il quotidiano della Basilicata”, alla sua storia.
Maestro , lei è uno dei padri della Bossanova. Come è avvenuto il contatto con questi ritmi?
“Bossa Nova” è un termine che noi in Brasile usavamo da tempo, per noi era normale usare questa parola. Appena una persona faceva una cosa diversa , quindi nuova non soltanto nell’arte, noi dicevamo “Bossa Nova”. La “Bossa Nova” è nata negli anni 60, noi prima suonavamo la musica di Rio de Janeiro come lo choro. Era la musica del popolo brasiliano, poi la samba strumentale e poi cantata e infine la Bossa Nova. Io ho cominciato molto presto in questo ambiente musicale già da sei anni, ho fatto molta esperienza, ho visto nascere questo genere musicale. E’ stato quasi naturale suonare la Bossa Nova, anche perché le cose più difficili musicalmente le avevo imparate già prima.
Il Brasile oltre che per il calcio è famoso per la musica. Perché questo Paese si dimostra fucina della musica?
La musica brasiliana appassiona molto. In questi ritmi, in queste melodie si vede molta verità, tristezza, comunicazione e tutto ciò che vale la pena rivivere in una musica. Anche quando l’armonia è semplice, la gente sente che è una cosa vera , non roba elettronica. Si sente l’anima del Brasile, ed è una terra che piace , ci sono tanti artisti italiani bravi che si interessano alla musica brasiliana, questo è bellissimo.
62 album pubblicati di cui 9 live. Dal 2007 però la sua produzione discografica si è fermata per la scomparsa della sua manager. Esistono nuovi progetti discografici?
Purtroppo è scomparsa la mia manager, abbiamo lavorato venti anni insieme. Io non mi sono sentito di andare in sala a registrare. Era una persona che mi accompagnava sempre dappertutto. Andare in sala di registrazione a produrre un disco è abbastanza noioso, lei però è stata da sempre appassionata della mia musica e mi ha aiutato moltissimo . Io non faccio progetti, vivo giorno per giorno.
Maestro, lei si è innamorato dell’Italia quasi per caso ed ha partecipato a diverse iniziative televisive Rai. Come è il rapporto con la televisione di oggi ?
Con la televisione oggi? Meglio lasciar stare! Non c’è più niente di musicale in televisione, niente di buono. Io ho avuto la fortuna di arrivare in Italia quando c’era una buona televisione. La Rai dava spazio alla musica interessante. Mandavano in onda l’Umbria Jazz oggi lo tagliano completamente. Mi dispiace perché la Rai ha una grande storia. Purtroppo c’è prima di tutto la politica di mezzo, devi essere raccomandato o far parte di qualche partito. Non parlo per me, perché io ho avuto il mio spazio, il mio periodo ottimo alla Rai. Parlo per i mie amici musicisti che non hanno opportunità in televisione.
Maestro lei è un polistrumentista e si diverte anche a suonare di tutto nei suoi album, anche strumenti tipici brasiliani. Si può dire che ormai la musica non ha più segreti per lei?
Io sono principalmente un chitarrista, è il mio strumento. Suono però altri strumenti: un po’ anche l’ arpa e un po’ di pianoforte. Ho fatto anche un album con Ukulele, noi brasiliani lo chiamiamo cavaquinho oppure con la chitarra a sette corde, le percussioni ecc.. Per carità se non c’è più niente da imparare sono finito. Per me la chitarra è un dono della natura, sono autodidatta. Quando avevo 8 anni mi hanno chiesto se volevo studiare musica , io ho detto di no. Io non so leggere la musica. Tutto quello che faccio sono cose mie, tutto personale. Io credo che è molto bello divertirsi quando suoni. Gli autodidatti hanno la possibilità di fare un pezzo mille volte sempre in modo diverso, mai uguale. Questo per me è il massimo del divertimento.
Un consiglio ai giovani musicisti.
Non hanno bisogno di consigli, loro sanno, ci sono tante scuole e conservatori. Posso dire di cercare di avere un stile personale, non imitare. E’ una cosa che auguro a tutti, ci sono tanti bravi imitatori ma pochi bravi musicisti con un proprio stile.
Maestro cose è la Bellezza?
La Bellezza è la vita , non esiste niente di più bello della vita.



venerdì 26 novembre 2010

Papaleo : Intervista tra Basilicata Coast to coast e Eduardo Defilippo

da "il quotidiano della Basilicata"

" Quando lavoro come attore divento una spugna"

Fare un film deve diventare un'esigenza





di Francesco Altavista



Potenza – Rocco Papaleo torna in Basilicata questa volta non per camminare nella finzione cinematografica sulle fatiscenti strade lucane ma per esibirsi nello spettacolo “ Eduardo più unico che raro” sulle tavole del teatro Don Bosco di Potenza , nell’ambito della Rassegna “ Voglia di Teatro -Teatri in rete”. In anteprima l’artista lucano si concede per un’intervista con “ Il quotidiano della Basilicata”
Rocco, porterai in scena quattro atti unici del grande Eduardo Defilippo scritti dal 1928 al 1938, perché Papaleo ritorna alla commedia Napoletana?
Mi interessava la proposta di lavorare con Giovanni Esposito, un attore e amico che conosco da tanti anni. Volevamo lavare insieme e quindi ho cavalcato questa opportunità. Sono atti unici, tra le prime cose scritti da Eduardo che si mettevano in scena nei cinema tra un proiezione e l’altra. Sono opere un po’ farsesche di tradizione napoletana. Il regista Giancarlo Sepe però si è interessato a cogliere negli atti unici un embrione tragico che poi caratterizzerà la drammaturgia di Eduardo. Allora mi sono divertito nell’interpretazione a scoprire questa componente in un materiale molto comico.
Interpreti gli scritti di un grande come Eduardo, può anche essere un occasione per prendere qualche suggerimento come autore ?
Io sono un po’ schizofrenico, nel senso che quando lavoro come attore , praticamente sempre, sono un po’ una spugna pronta ad assorbire quello che riguarda la materia che deve amministrare chi interpreta. Quando faccio l’attore non mi metto nel punto di vista dell’insieme della regia o della composizione di un testo, quindi non sto affrontando questo spettacolo come autore ma per sviluppare le mie capacità di interprete.
Il tuo esordio da regista e il tuo secondo film da autore , “Basilicata coast to coast” ha fatto incetta di premi Ti aspettavi questo successo? Come secondo te è stato preso il film dai lucani?
Naturalmente non mi aspettavo questo successo, è sempre una cosa sorprendente, anche se francamente sono stato sempre molto convinto del progetto. I lucani, quelli della prima lettura, sono rimasti delusi, perché non parla direttamente della Basilicata e non evidenzia direttamente il modo di vivere lucano. Offriva una visione fuori città, fuori paese. Molte cose del film sono quindi sembrate forzate. Come la ragazza che prima del matrimonio va a letto con due uomini. Ho sentito donne che si sono lamentate di questa cosa. Ci sono poi quelli che hanno guardato dentro le cose, forse hanno trovato quella “Lucanità” profonda che appartiene anche a me.
Una volta hai detto che il tuo film è un po’ come una poesia e quindi pieno di sfaccettature. Cosa del film secondo te del film non è stato capito ?
Secondo me una cosa che non è venuta molto fuori e che a me premeva tantissimo è la questione della audience. L’economia che ha preso sopravvento sui ogni cosa e quindi l’incasso. L’audience in generale diventata troppo importante per un prodotto e anche per le cose artistiche. Questo discorso non è venuto fuori tantissimo. Nel film ci sono queste persone che inseguono il loro sogno e alla fine suonano davanti a nessuno, senza avere testimonianza. Si sono rivolti solo a se stessi, questa è una cosa che non è stata sviscerata più di tanto ma a me premeva tantissimo. Loro fanno comunque una cosa che nel meridione non si fa spesso, cambiano la loro vita. Parlo per quello che ho vissuto io in Basilicata , con i miei genitori. Hanno fatto una vita soltanto. La forza di cambiare vita secondo me è un po’ la vittoria dei personaggi del film.
Vedremo di nuovo un Rocco Papaleo regista e autore cinematografico?
Adesso lavoro come attore e musicista. Sono stato un po’ travolto dal successo di “Basilicata coast to coast” e quindi per fare un altro film ci devo pensare bene e mi devo spogliare di quello che è stato ed avere un’altra ispirazione autentica. Non voglio cavalcare l’esito positivo del film scorso. Fare un film deve diventare un’esigenza.
Cosa è la Bellezza?
La Bellezza è un punto di vista.

venerdì 19 novembre 2010

Regione e Università della Basilicata.



da " Il quotidiano della Basilicata"


Regione e Università della Basilicata. A che servono i fondi ?


di Paride Leporace

Ieri mattina gli studenti dell'Unibas sono scesi in corteo prendendo di mira la Regione accusata di disattendere il loro futuro e di costringerli a tenere pronti una valigia in mano. Lunedì si apre l'anno accademico alla presenza di amberletti ricordando la ferita del terremoto del 1980 che permise l'apertura dell'ateneo di Basilicata.La protesta studentesca ha qualcosa che stride. Considerato che la Basilicata è l'unica regione d'Italia che finanzia la sua università con i proventi del petrolio. Un impegno sostanzioso e che difende facoltà e corsi dalle forbici del governo.Dall'archivio pesco una vecchia inchiesta di Pigi Battista sugli sprechi delle piccole università dove si legge :"Arriva il terremoto dell'Irpinia e all'ombra dell'entourage di Emilio Colombo si trova il modo di includere tra i finanziamenti un capitolo per la costruzione dell'Universita' di Potenza, cattedrale nel deserto che e' oggi un self-service di esami, affidato a ricercatori di altri Atenei che con un gruzzolo annuo tirano la carretta, facendo finta di avere anche in Basilicata un'Universita' del Mezzogiorno come quelle di Napoli, o di Palermo, oppure di Bari". Erano gli anni Novanta e non sappiamo se il celebre giornalista avesse preclusioni ideologiche e geografiche. Pigi Battista da allora ha fatto gran carriera ed è firma autorevole del nostro giornalismo. L'Università della Basilicata non sappiamo bene che progressi abbia ottenuto. Sarebbe utile per esempio comprendere quanti brevetti consente di realizzare per capire la ricerca dell'ateneo cosa produce? Da una nostra ricognizione risulta che almeno un centinaio di docenti dell'Unibas non presentano il report sulle attività di ricerca. Il report serve sull'arco di tempo di un lustro per ottenere i finanziamenti.Una dimenticanza? Oppure un centinaio di professori non ricerca un bel nulla? Forse anche la Regione dovrebbe chiedersi quali sono i risultati della ricerca che finanzia e che poi la fanno finire alla berlina delle proteste studentesche. I dottorati di ricerca come funzionano nel nostro ateneo? I docenti scelgono e tutelano talenti per rinverdire il sacro fuoco di nuovi studiosi delle diverse discipline?E gli studenti universitari lucani sono veramente incolti come denuncia nella sua rubrica l'emerito professore Angelo Lucano Larotonda? Perché in quel caso stiamo finanziando una sorta di esamificio per giovani incapaci di sostenere le sfide di questo periodo. Infine non possiamo dimenticare la vicenda del concorso annullato alla facoltà di Lettere per evidenti intromissioni di docenti che hanno tentato di falsare l'esito della selezione. Sappiamo che il familismo accademico non ha latitudini ma nessuno si è premurato di rintracciare i colpevoli per metterli alle porte. Della vicenda si sta occupando la magistratura. Ed è noto che quando arriva la polizia il bubbone è già esploso.

domenica 14 novembre 2010

Le Donne nel casino: Eva Immediato in Vintage

da " Il quotidiano della Basilicata"





Eva Immediato in Vintage con le " Donne nel casino"



di Francesco Altavista




Potenza – Donne rispettate , donne mogli, donne madri, donne onorevoli:semplicemente donne che forse per aver provocato qualche gemito di piacere in più o in meno del consentito subito piombano in facili definizioni . Questo uno dei pensieri che lascia lo spettacolo “ Le donne del casino” scritto da Giuseppe Digilio e portato in scena a Potenza , lo scorso 12 novembre al “ Due Torri” nell’ambio del “ Vintage Festival”. Si parla d’altra parte di una legge discussa e discutibile come la legge Merlin, forse la norma che più di tutte nella storia italiana rappresenta il bigotto perbenismo maschile eppure quasi per paradosso la prima a firmare è stata proprio una senatrice Lina Merlin. Una rappresentazione che quindi naviga nel paradosso e nelle definizioni facili . Se uno spettacolo che si rispetti deve provocare considerazioni, riflessioni e sogni, l’opera proposta da Digilio lo è in parte. Buono ed interessante il testo, forse troppo prolisso, troppe parole che messe sulla bocca di attori non proprio professionisti crea qualche imbarazzo tecnico. Non è certo il caso di Eva Immediato che è attrice vera e donna vera. E’ la prima ad entrare in scena nei panni di Wanda la maitresse del casino. E’ avvolta da un’aria di bellezza straordinaria e di passionalità nei movimenti, l’unica che riesca a far diventare funzionale e giusta una scenografia modesta e semplice che fa comunque la sua buona figura. L’attrice di Lagonegro è padrona della scena e dell’attenzione del pubblico, sfiora la perfezione il suo modo di recitare , pochi piccoli errori forse non provocati da lei ma dagli altri attori visibilmente sotto tono. Guardare e ascoltare Eva Immediato è davvero un privilegio, un dono , un sogno: le sue parole infatti danzano con l’anima dello spettatore e durate tutta la pièce durata poco più di un’ora , non fa registrare nessun calo di intensità. Uno spettacolo nello spettacolo anche il suo camminare sinuoso, a metà tra un angelo e una nereide , il tutto è un rito laico del piacere. La superiorità tecnica ed emozionale della Immediato mette in cattiva luce le diverse disattenzioni di Lello Chiacchio, comunque un bravo attore che interpreta un onorevole molto moderno. Da rivedere e correggere pesantemente le performance di Lucia Sabia e Nicola Bonsanti, rispettivamente nella pièce madre e figlio. Normale senza particolari emozioni la performance di Giovanni Pelliccia nei panni di un carabiniere. Nel complesso un buono spettacolo, nato da un’ottima idea e fatto con un immensa Eva Immediato che tira il carro dello spettacolo quasi da sola.

Le donne nel casino: Intervista ad Eva Immediato






da " Il quotidiano della Basilicata"






Eva da Bene e Giuffrè a " Donne nel casino"









di Francesco Altavista


Potenza – Per fortuna, anche in Basilicata esistono professionisti dell’arte che arrivano a calcare palcoscenici importanti: come diamanti brillano nel buio lucano. La bella e brava attrice Eva Immediato classe 1977 sarà al “Due Torri” a Potenza il 12 novembre ore 21.00 nell’ambito del “ Vintage in festival” con la commedia “ Le donne nel Casino” di Giuseppe Digilio. Senza nulla togliere ad un festival importante per la città di Potenza, è l’occasione per vedere all’opera un’attrice davvero brillante ed imperdibile; occasione che sfruttiamo anche per un’intervista in anteprima.
Cosa ci puoi raccontare del tuo personaggio nella commedia: Wanda?
Wanda è una donna dura, per niente romantica perché è una donna disincantata che dalla vita non ha avuto l’amore, probabilmente nella sua vita si è anche innamorata ma è stata vista sempre come la prostituta e quindi era impossibilitata ad essere presentata in società. Da questo suo rapporto con l’amore e gli uomini scaturisce questa sua relazione così forte, il suo modo di trattare gli uomini come bambolotti. Io l’ho immaginata così. Mi diverto molto a fare questo personaggio perché è sicuramente diversa da me per motivi oggettivi, però nella forza, nella tenacia mi ritrovo molto mi piace molto lavorare su un personaggio così lontano e così vicino, perchè alla fine è la donna per eccellenza che conosce la vita e che molte volte attacca per non essere attaccata, si nasconde dietro un muro per non farsi fare ancora del male.
Parlando dell’essere donna, hai fatto la tua tesi di laurea sul regista Luis Bunuel : sei più vicina a Catherine Deneuve del film “ Bella di Giorno “ o Angela Molina del film “ Quell’oscuro oggetto del desiderio” ? Quale è il tuo stile di donna?
Il mio stile di donna è una donna forte che cammina dritta per la sua strada. Una donna completa che vuole essere donna in tutte le accezioni. La donna è bella con i suoi misteri. E’ donna nel fatto di non essere imbattibile né inattaccabile. Il mio ideale di donna è sempre stata mia madre. Una donna che ha scelto la sua vita. Anche le donne di Bunuel a volte sembrano essere vittime di quello che accade, ma alla fine scelgono decisamente la loro strada tutto quello che fanno rappresenta aspetti di se . “ Bella di giorno “, per esempio , è una donna che in alcune ore è una prostituta e in altre una donna rispettabile e rispettata. Possono essere i lati più oscuri di una personalità femminile, quella di Bunuel naturalmente è un’estremizzazione ma l’intimità di una donna deve essere preservata perché è la parte dove si ci mette veramente a nudo. Non mi sento vicina né a Deneuve né a Molina se non nella loro capacità di essere anche altro e lo metto in scena quando sono a teatro, questo mestiere ti fa essere chiunque.
Nel tuo curriculum c’è un laboratorio particolare con il grande Carmelo Bene. Cosa ricordi di quell’esperienza?
Ricordo un’esperienza quasi surreale. Mi sono trovata catapultata in questa esperienza incredibile, con davanti un mostro assoluto di teatro e arte come Carmelo Bene. Un personaggio che era avvolto nella sua aurea e parlava ad un microfono, perchè lui era un grande difensore della tecnologia, diceva che l’attore deve essere amplificato. Quasi ci chiedeva di imitarlo e io lì per lì non capivo. Una volta me ne andai arrabbiata. Poi ho capito che la nostra voce è uno strumento musicale con cui noi possiamo fare di tutto, imparare a riprodurre dei suoni è un allenamento per le corde vocali ed è un esercizio per la modulazione della voce. Mi sento un’eletta per aver incontrato Carmelo Bene e quel laboratorio mi è servito per mia carriera.
Non c’è solo Carmelo Bene, hai lavorato con Carlo Giuffré…
Con Carlo Giuffré è stata una collaborazione cominciata un po’ per caso perché sua moglie è venuta a vedere un mio spettacolo, dove io ero coprotagonista con due della “Premiata Ditta”. Lei mi ha proposto di fare un provino con il marito. Il provino è andato bene, durato un’ora e un quarto e io pensavo : “ Comunque vada ho imparato tantissimo perché ho conosciuto un altro pezzo del mondo del teatro italiano. Mi ha insegnato a stare in scena , mi ha insegnato il mestiere dell’attore di tournée ed a stare in teatri importantissimi. E’ stata una bella soddisfazione perché Giuffré ha plasmato il personaggio di Rosina su di me che avevo delle vene comiche ma comunque di base drammatica, quindi ad un certo punto c’è stata una scena drammatica molto toccante, molto bella e particolare perché era una commedia come “ Il medico dei pazzi”.
Prossimi progetti.
Ci sono tante cose in cantiere, sto preparando un nuovo spettacolo si chiama “ Istruzioni per l’uso della donna “ di un autore lucano Antonio De rosa. E’ uno spettacolo che abbiamo già portato in tour sotto forma di monologo, ora abbiamo deciso di metterlo in scena con due personaggi, un uomo e una donna. Quest’uomo subisce l’approccio con sette tipi diversi di donna e io interpreto i sette tipi di donna. Credo che lo porteremo in scena per la prossima primavera.
Cosa è la Bellezza?
La Bellezza è dannazione e benedizione. La Bellezza non è soggettiva ma va oltre l’oggettività. La vera Bellezza è la Bellezza imperfetta, se vogliamo è quello che ci insegna il famoso strabismo della dea della Bellezza, Venere.



domenica 24 ottobre 2010

Jazz: Intervista Gegè Telesforo

da " il quotidiano della Basilicata"









E' il primo ospite della rassegna " Winter 2010" promossa dall'Officina del Jazz
GeGè nei Sassi a tutto Soud
Di ritorno dall'Expo di Shangai presenta insieme al suo quintetto il decimo album daa solista " So cool" perfetto mix tra voce e sax.


di Francesco Altavista

Matera – Quando si parla di Gegè Telesforo lo si fa sempre in riferimento alle esperienze che ha avuto nella bella televisione insieme all’amico Renzo Arbore. Telesforo non è solo questo. Polistrumentista, vocalist, conduttore e autore di programmi televisivi e radiofonici ,in sostanza una personalità artistica completa e unica. Il maestro negli ultimi anni si dedica soprattutto alla sua passione: il Jazz. Sarà a Matera insieme al suo Quintet jazz presso l’Auditorium R. Gervasio in piazza Sedile, il prossimo 24 ottobre dopo l’uscita del suo ultimo album “ So Cool” . In un’intervista concessa in anteprima al “ Il quotidiano della Basilicata” di ritorno dall’expo di Shangai, cerchiamo di conoscere meglio una personalità eclettica di spicco del panorama artistico internazionale.
“ So Cool” il tuo decimo album da solista, ci parla di un jazz diverso particolarmente innovativo con venature Latin Jazz, swing , groove e Be-bop. Un album che è uscito anche negli Stati Uniti. Maestro cosa ti ha portato a registrare questo album molto innovativo ?
Questo album è praticamente l’evoluzione di tanti anni di lavoro, di musica , di concerti. Avevo scritto questo nuovo materiale perché volevo fare un ritorno al passato, alla musica che mi è sempre piaciuta e a quello che ho sempre ascoltato. Il disco propone delle sonorità acustiche che si rifanno alle sonorità Hard Pop anni 60. Non volevo però dimenticare quello che avevo fatto negli ultimi anni, la mia passione per il Funky, per le venature latine che hai trovato nell’album. Avvalendomi della collaborazione di musicisti tra i più talentuosi d’Italia, sono riuscito a registrare gli undici brani in una giornata e mezza, tutti insieme, come se stessimo suonando dal vivo. Anche per questo motivo sono contento del risultato, hanno suonato tutti benissimo ma si sente la verità della musica che ci deve sempre essere quando si fa jazz.
Nell’album c’è una simbiosi emozionante e magica soprattutto tra il sax e la voce, questo grazie ad una arte nella quale tu sei considerato il re: lo Scat
E’ un’arte antica che è stata dimenticata , non solo in Italia ma anche negli Stati Uniti dove è stata inventata negli anni 20 e proposta su dischi per la prima volta da Luis Armstrong.Ci sono stati e ci sono dei grandi maestri ma purtroppo tra le nuove generazioni è un’arte che non si è sviluppata, forse perché risulta complicata. Capisco che ci sono molte difficoltà per apprenderla, praticamente si utilizza la voce come uno strumento, la voce per cantare le melodie. Devi però improvvisare e per farlo la musica bisogna conoscerla bene. Non esistono scuole nel mondo saremo una decina ad utilizzare quest’arte, considerando che la metà appartiene ad una generazione prima della mia.
Ben Sidran, un grande della musica ha scritto i testi dell’album e da anni collabora con te. Come vi siente incontrati?
Conosco Ben dal 1987, quando lo invitai a partecipare ad una serie di puntate televisive, andavo in onda con un programma chiamato “ Doc” su Rai Due. Qualche anno dopo Ben mi chiamò per registrare dei dischi per la sua etichetta discografica e quindi mi trasferii negli Stati Uniti dove sono stato un bel po’ di tempo, realizzando dischi per lui ma anche suonando in concerto con tutti gli artisti legati alla sua etichetta. Da allora abbiamo continuato a fare concerti in giro per il mondo e oggi è uno dei miei migliori amici, è un intellettuale del genere, un grande maestro e quando realizzo le mie produzioni gli propongo sempre il mio materiale. E’ il personaggio giusto per descrivere in parole le mie emozioni musicali.
Il jazz è un genere che per molti rappresenta erroneamente un qualcosa di troppo raffinato, tanto da allontanare. Come nasce questa tua passione per il
jazz?
Per me è stato molto naturale, mio padre è appassionato di jazz e di musica. A casa avevamo tutti gli strumenti e quindi io sono cresciuto con il suono del jazz. Era un punto di contatto, il nostro gioco preferito. Se per mio padre il jazz è rimasto un passione invece per me è diventato il motore della vita . Ho continuato a fare musica , ho abbandonato gli studi di economia e commercio a venti anni , per dedicarmi alla musica e poi in seguito come comunicatore in radio e televisione. L’artista deve amare molto quello che fa, quando salì su un palco devi fare l’amore con la musica. Se un giorno mi sveglio e capisco che faccio musica solo per lavoro, smetto e mi metto a vendere francobolli.
Sei anche uno dei padri della televisione- maestra. Da allora la televisione è cambiata molto forse in peggio, secondo te perché questo declino?
Oggi bisogna fare sensazione nel bene e nel male perché si fanno i numeri con cose brutte e con la volgarità, è successo perché la pubblicità ha comprato la televisione o la televisione si è venduta. Lo stesso avviene con la musica in tv. Abbiamo raggiunto il fondo. Io appartengo ad una generazione che voleva fare un disco come punto di arrivo, oggi si parte con il disco. Io ho registrato un disco per la prima volta a 30 anni, era un sogno. Ho fato da allora dieci album da solista e trenta partecipando ad album di amici, ho girato il mondo e sento ancora il bisogno di studiare, non sono ancora soddisfatto di quello che faccio, non mi voglio fermare.
Cosa è la Bellezza?
La Bellezza è un’esperienza soggettiva, quando l’emozione stimola e viene stimolata dalla creatività e fantasia.

venerdì 15 ottobre 2010

"Brigante se more ", intervista a Eugenio Bennato

da " Il quotidiano della Basilicata"



"Brigante se more "di Eugenio Bennato
I FIGLI DIMENTICATI



di Francesco Altavista



---“ Nun ce ne fotte d’o Rre Burbone ma a terra è a nosta e nun s’adda tucca’. Questi sono due versi tra i più famosi e manipolati della famosa ballata “ Brigante se more “ scritta nel marzo del 1979 da Eugenio Bennato e Carlo D’angiò. “Brigante Se more” è anche il titolo del libro di Bennato, con prefazione di D’Angiò in tutte le librerie dal sette ottobre ( coniglio editore), un lavoro che parte proprio dalla consapevolezza che la ballata sui brigati è stata scritta dai due cantautori napoletani. Tante le leggende e le accuse che volevano far risalire “ Brigante se more” ad un secolo prima. Questo indica l’importanza di questo canto che è diventato inno per la Basilicata. Bennato e D’angiò scrivono questo e altri pezzi per le colonne sonore dello sceneggiato Rai del regista Majano sul libro di Carlo Alianello: “ L’eredità della Priora”.Il cantautore ripercorre nel libro la storia e l’ambiente che lo ha portato a scrivere queste ballate e incredibilmente le esperienze personali si intrecciano alla storia dimenticata del sud usando come pretesto ora i racconti di Carlo Alianello , ora le analisi anche stilistiche delle sue ballate. Bennato contrappone la sua visione a quella ufficiale, quella raccontata da chi le guerre le ha vinte. Il libro racconta l’anima degli sconfitti, i figli maledetti degli avvenimenti. Un discorso che si presta bene a rovinare i festeggiamenti per il 150esimo anniversario dell’Unità D’Italia, si presta bene per fare una riflessione su vicende volutamente infangate e dimenticate dal potere dominante: prima dei Savoia e ora da chi probabilmente fa piacere nascondere questa realtà e non vuole chiedere scusa come invece ha fatto il congresso americano nel 2000 nei confronti dei Pelle Rossa, ci spiega l’autore nel capitolo 28.Bennato scava nei suoi ricordi, parte dalla nascita del pezzo “Brigante se more “ e con capitoli brevi ci racconta i timori di un giovane innamorato della musica popolare. Il discorso si evolve passando alle vicende del sud, della Basilicata e dei delitti piemontesi. Parla di musica e di testimonianze che non vengono dalla storia ufficiale, parla di : Carmine Crocco, Ninco Nanco e un capitolo splendido sulla bella brigantessa Michelina De cesare: la sua storia d’amore con il brigante Francesco Guerra e le appassionanti riflessioni sul tentativo di distruggere la dignità dei briganti dopo averli fotografati e poi scannati . Ai capitoli Bennato aggiunge le sue ballate correlate da parte degli spartiti, l’ultima in ordine di tempo proprio quella su Michelina De Cesare : “ Il sorriso di Michela”. Lo scrittore di questo libro è un cantautore e studioso della cultura popolare, parla per conoscenza dei fatti e anche se non è della Basilicata, traspare dal libro l’odore della terra lucana con le su vibrazioni, come nella splendida ballata, “Basilicata” usata nello sceneggiato solo in versione strumentale . Interessante la sua critica agli autori troppo superficiali, (a volte hanno scritto che “Brigate se more “ era un canto sanfedista del 1799) che scrivono sui briganti per moda o perché legati ad uno strano partito filo-borbonico. “ Nun ce ne fotte d’o Rre Burbone” questo il verso esatto e originale della ballata sui briganti, scritto da Bennato ad indicare che nella sua visione i briganti non avevano padroni, lottavano per la propria terra; a suffragare questa visione secondo l’autore, il fatto storico del disarmo del generale borbonico da parte di Carmine Crocco.Bennato fa un viaggio nel passato si sofferma su musica e tradizione, ripercorre i suoi anni ribelli del 1979 poi il travaglio artistico e le piccole delusioni originate dalla chiusura mentale dei grossi discografici ma soprattutto le ballate sui Brigati per gridare a suon di taranta la storia dimenticata del meridione. Il tutto senza essere uno storico ma con le emozioni di un uomo del sud. Il Cantautore partenopeo consegna uno spunto e tanti strumenti di indagine al lettore interessato che vuole andare avanti verso una storia ancora per lunghi tratti sconosciuta. Sono i briganti fuori dalla dicotomia giusto o sbagliato, una visione alternativa e quasi sconosciuta per i più realisti ma affascinate per i più romantici che per una volta leggono una storia dove il popolo lucano non abbassa la testa al padrone, il tutto unito ad una bella bibliografia sulla storia del meridione come i riferimenti al libro “ Piemontisi, Briganti e Maccaroni” di Ludovico Greco del 1975 e fuori commercio. Questo è il grande merito di Bennato. Contattiamo quest’ultimo a telefono e gentilmente si presta per un’ intervista esclusiva per “Il quotidiano” .
Maestro Bennato, è stato necessario scrivere un libro per spiegare che “ Brigate se more” è nato dalla sua fantasia artistica insieme a Carlo D’Angiò?
Le leggende che sono nate attorno a questo pezzo, sono interessanti e se vuoi sottolineano la singolarità del pezzo. Avevo, però il dovere di raccontare come è nato il brano e quindi sfatare la leggenda che questo pezzo fosse stato scritto nell’800. Abbiamo scritto una ballata sui briganti ma con i modi anche melodici e strutturali e le consapevolezze di gente del 1970 , forse anche per questo ha avuto questo successo.
Il fatto che sia entrata nella tradizione lucana e del sud, può indicare anche la mancanza di veri canti sui briganti in Basilicata e nel sud?
Secondo me se ci sono stati canti dei brigati sono stati cancellati insieme ai loro volti e alla loro storia. Infatti quando abbiamo accettato di scrivere le colonne sonore per lo sceneggiato ci siamo presi una grande responsabilità, parlare di una storia tagliata e che era stata messa a tacere per sempre.
Ma la storia della nascita del pezzo è solo un pretesto?
Lo spunto è stata quella di raccontare la genesi di un canto poi sono passato a ripercorrere il cammino, il clima , dell’epoca nella quale ho scritto questo ed altri brani sui briganti, andare quindi alla scoperta di una musica e di una storia dimenticata. Diciamo che da una parte la storia dei briganti e d’altra la storia dei briganti della musica popolare.
Per te maestro chi sono i Briganti e perché cantarli?
I Briganti storicamente sono dei personaggi che non sono stati mai nominati ufficialmente e sono finiti dell’anonimato. Ballate come “ Brigante se more” , oppure con la ballata di “ Ninco Nanco” e “ Il sorriso di Michela” hanno il potere di farli venire fuori perché migliaia di ragazzi adesso conoscono i loro nomi e le loro facce. I briganti sono quelli che hanno combattuto per difendere un’etnia , una cultura o meglio per difendere una storia. I briganti della musica poi sono i tanti giovani che imbracciano una chitarra battente o un tamburello, devono avere per forza un pizzico di brigante dentro.
Briganti della storia come la bella Michelina De cesare, donna brigante un’anomalia nella Lucania maschilista ?
Michelina era molto di più che la donna di un brigante. Michelina era un elemento di spicco della banda, uno dei capi riconosciuti. Dalle fotografie traspare però una donna forte, tutta la bellezza di una donna del sud, fiera ritratta con il suo fucile. Una donna che lottò sul serio.
Si Michelina non era semplicemente la donna del capo banda, ma una vera e propria capo brigante.


Un brigante della musica può essere il lucano Antonio Infantino a cui sei legato molto?

Antonio Infantino per me è stato straordinariamente importate, ho avuto tanti maestri ma lui è stato fondamentale. Infantino è un maestro , nella sua stravaganza per non dire follia è un vero artista. Quando ero ragazzo mi ha colpito la sua personalità, fui colpito in un concerto , andai insieme a Carlo D’Angiò anche lui affascinato, prima di scrivere “ Brigante se more” . Infantino apri il concerto con un pezzo che durò un’ora , poi una pausa e poi un altro pezzo di cinque minuti e chiuse il concerto. Rimanemmo rapiti da Infantino che era riuscito a far sentire le vibrazioni della sua terra arida e sconosciuta, la terra lucana.
Questo libro può essere inteso anche come un manifesto per un partito del sud ?
Questo lo dovrà dire il lettore .Ho raccontato la storia come l’ho percepita e appresa, poi sicuramente è il mio percorso che mi ha portato a formulare un atto di accusa ad una retorica risorgimentale che ha messo a tacere la tradizione e la storia del sud . Oggi l’Italia nel 150esimo anniversario ha il dovere di dare delle risposte.
Nel libro usi le parole di Crocco e fai una riflessione sulla libertà. Oggi la Basilicata è dominata dalle sue tante contraddizioni , tra petrolio, bellezze naturali e tradizione. Quale è una possibile libertà per questa terra?
La libertà è quella di vivere un futuro in armonia con la propria ricchezza, con le proprie tradizioni e vocazioni. La libertà è l’equilibrio tra innovazioni e la grandezza che ci viene dal passato ma anche fare una scelta.

venerdì 8 ottobre 2010

Una vittoria a Poker

Lui sapeva che le regole del Poker sono diametralmente opposte a quelle della vita. Il sorriso o la battuta o magari l’abbraccio amico in un tavolo di confratelli copriva il silenzio della meditazione con le due carte in mano e le cinque a terra. Il rumore delle fiches copriva quello macchinoso dei pensieri e perché no dei sogni. Non era la ricchezza di quei pochi spiccioli chiusi nel cassetto del premio ma era la gloria ad interessare. Quella che ti fa piangere l’anima ma poi ti esalta quando ad alzarsi dal tavolo verde è un altro. Lui rimase lì seduto, giro di roulette, ed ecco una coppia tra le dita della mano sinistra. Una coppia, sintesi dell’organizzazione mondo, l’unica cosa che conta dal tramonto all’alba della vita, lì due donne. Un cuore non si può dividere tra due donne, al massimo due donne si dividono un cuore. Per storica frustrazione maschilista per un momento lui si sentì padrone di due donne, due volti statici ma che comunque chiamavano sacrificio e fedeltà. Le due donne non parlavano ma si guardavano con invidia, erano in coppia ma allo stesso tempo padrone solitarie del proprio destino sia che fossero scappate sia che coraggiosamente avessero intrapreso la strada della gloria per il proprio padrone. Padrone per una malefica finzione ma schiavo di quel sorriso beffardo disegnato su due pezzi di carta. Come in un grande romanzo maledetto il destino inevitabilmente era affidato alle due donne eppure altrettanto ineluttabilmente affiancato ad una decisione maschile e maschilista. Lui pensò alle tante analogie tra quei pensieri e la realtà beffarda di questa terra maledetta. Aveva sete, aveva caldo, perdere pochi soldi o tentate la gloria; accontentarsi o accrescere il proprio potere sul tavolo verde. Occhi puntati per assistere alla terribile commedia di due uomini in cerca di gloria, uno contro l’altro, non è tempo di sciocche velleità solidali, è tempo di lotta. Come la vita non può alimentare la morte e la morte invece alimenta la vita così un sorriso non può portare il pianto ma un pianto può portare ad un sorriso. Quanti sorrisi in questa terra nascono dalla morte e quante lacrime dalla vita. Due donne, due strade del destino, vita o morte, lacrime o sorriso, giusto o sbagliato. Il suo pensiero si arrovellava come al pensatore che cresce la pianta dell’opinione politica di un popolo. Due carte, solo una decisione tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, mai così facile e catastroficamente immediato e realizzabile. Guardando le due carte gemelle si accorse che giusto aveva la stessa forma di sbagliato, forse anche la vita e la morte , forse anche il sorriso e le lacrime, uguali come identiche erano le carte che aveva nella mano sinistra.. Una terribile metafora della felicità quella delle due carte gemelle, per una volta insieme nella mano di un unico padrone o despoti dell’anima del proprio possessore. E se fossero in realtà una carta sola come l’amore, quello eterno ed indivisibile oppure un sogno diviso a metà dove entrambe le parti avevano la stessa faccia. Un qualcosa di diviso eppure indivisibile, come l’essere e l’esserci. Ma come si fa ad affidare il proprio destino o quello della propria terra o magari del proprio popolo ad un così unicamente confuso orizzonte, dove tutto era una cosa sola? E allora corpo e pensiero, essere centrico e eccentrico e persino Apollo e Dioniso erano un’unica cosa, unico Dio burlescamente deriso da un pernicioso giullare che ubriacato d’arte aveva bisogno di due sbarre e non una per reggersi mentre barcollava sulla linea dell’epilogo di un’esistenza. La stessa scelta allora diventava una contraddizione; all’orizzonte c’era la nebbia ma la ragione diceva che lì dietro c’era un’unica strada ben determinata. Mentre filosofeggiava, il vento della curiosità spinse la mano destra verso le fiches e poi verso il centro del tavolo verde. “Dissapata la nebbia”pensò! L’altro fino ad ora escluso dal vagheggiare, girò le sue carte. Il paradosso si arricchiva, anche lui con due carte gemelle, due fanti. Due fanti contro due donne. In un dibattito politico o magari sociale in questa terra maledetta, probabilmente le donne avrebbero perso ma le regole del gioco dicono altro, la donna sbatte il Fante, il re sbatte la donna! L’epilogo vale la vittoria ma alla luce dei fatti la sorte sbatte il pensiero, la finzione sbatte la realtà, il sogno sbatte il desiderio. Anche Vittoria e sconfitta sono due carte gemelle, a dare i nomi la sorte ma a distinguere l’una dall’altra , c’è sempre lo smarrimento dell’uno a vantaggio dell’altro. Per la Vittoria è necessaria la sconfitta, così le fiches che erano prima del suo avversario divennero suoi e chi perde abbandona il gioco. Ma questo è solo Poker e fu felice della vittoria.

sabato 2 ottobre 2010

Nino D'angelo a Sant'Angelo le Fratte

da " il quotidiano della Basilicata"





Emozioni in note

Nino canta l'amore, il sud e la tradizione
di Francesco Altavista


Sant’Angelo Le Fratte – Anche quando ricevi una multa o un predica perché manca il parcheggio e sei costretto ad inventarlo, ha una sapore diverso se a farla è una stupenda miss vigile. Ad accogliere il pubblico del concerto di Nino D’angelo è lei con il suo sguardo dolce ed avvenente. E’ lei in uniforme vicino all’area transennata, ad evitare i disagi in una piazza inadeguata per un concerto. Se non altro è la sua bellezza a mettere di buon umore chi avrebbe preferito il concerto in un'altra zona del paese più sicura e grande. Alle 21 e 50 circa Nino D’angelo spunta al secondo piano del suo palco abbondante scendendo le scale in un modo così rozzo e impalato da sembrare artistico, canta “O’ schiavo e O’ re “. Saluta tutto il pubblico: poco rispetto ai numeri a cui è abituato Nino D’angelo. Continua con “ Mentecuore” e il pubblico in delirio non può fare a meno di cantare. Quelle parole in vernacolo partenopeo suonano così vere da raggiungere il cuore di tutti. Nino D’Angelo è in forma pochi cali di voce, grazie al propedeutico aiuto della brava corista Stefania Lai e del fonico Catello Celentano. Il terzo pezzo è “A storia e nisciuno” , a pezzi lenti si alternano pezzi più movimentati, gran parte sullo stile neomelodico del primo periodo di Nino D’angelo. Come “ Si ce stai tu” e “ Nun me scurda maie” dove in particolar modo donne e ragazze giovani e meno giovani vanno in autentica esaltazione artistica. Poche parole ma efficaci tra i pezzi, qualche “ Ti amo “ gridato verso il nulla e più opportuni inni al sud e a Napoli. Nino D’Angelo non è un cantante comune cambia registro durante il concerto con pezzi come “Iesce Sole“ per poi tornare a “Marì” o alla splendida “Chiara”. Fa in tutto ventisette pezzi per circa due ore di concerto. Dopo “Nu Napolitano” e il successivo “ viva il sud” urlato con la complicità commossa del pubblico parte un medley straordinario sulle canzoni napoletane storiche tanto per ricordare i pezzi partenopei di una volta. Nel Medley pezzi come: “Maruzella “, “O Sarracino” e “Tu fa L’americano” dove il primo pianista Massimo Cargiulo si esalta negli assoli che furono del grande Renato Carosone. Straordinario l’ambiente creato dalla “ Tammurriata nera” con la chitarra battente suonata da Franco Ponzo. Dopo i suoni della Napoli che è stata si passa quasi tragicamente ai pezzi neomelodici dei famosi film di Nino D’angelo messi in un medley, da segnalare solo la fine con uno splendido assolo di batteria da parte di Agostino Mennella con la complicità del bassista Guido Russo. Si avvicina la fine con “ Nu Jeans e na Maglietta” con un assolo di chitarra elettrica di Mimmo Langella. Arriva poi “Jamma Ja “ ad accompagnarlo sul palco la bravissima Stefania Lai e alla fisarmonica il maestro Enzo Grimaldi. L’inno del sud precede “ Vita Mia “ pezzo straordinario e poi “ Un Ragazzo e una ragazza” , “ T’amo” e per finire “ Quel ragazzo della curva B” dove anche a Sant’Angelo sventolano bandiere del Napoli.

venerdì 1 ottobre 2010

Il Mondo di Patty: Intervista a Ambra Lo Faro detta Mafy


da " Il quotidiano della Basilicata"

Il vero successo è lavorare per migliorarsi"
Con Mafy aspettando il Mondo di Patty al Cinema



di Francesco Altavista



----- Nell’ambito all’iniziativa “ La festa di Patty” il musical “ Il Mondo Di Patty” versione italiana sarà proiettato in 187 sale tra cui, Il cineteatro Duni a Matera e all’Iris di Lagonegro.Il fortunato musical sarà proposto nelle sale cinematografiche per tre giorni a fila: 5 , 6 e 7 ottobre. IL musical è fatto da giovani professionisti tra i quali la 19ennne Ambra Lo Faro nata il 23 aprile del 1991. Quest’ultima detta Mafy in esclusiva si concede per qualche parola con “ Il quotidiano”.
Mafy, come è iniziata questa tua avventura con “ Il Mondo Di Patty”?
Io ho iniziato a recitare con Disney Channel sette anni fa. L’incontro con “ Mondo di Patty” è nato, appunto quando il telefilm è arrivato in Italia e Disney Channel mi ha scelto come voce della sigla italiana. Poi c’è stato l’entusiasmo dei ragazzi che mi ha fatto molto piacere. Resterà in stretto contatto con loro grazie alla mia rubrica personale, sul sito del “ Mondo Di Patty”.
Hai cominciato sette anni fa con Disney Channel eri giovanissima …..
Si giovanissima , in realtà comincio da molto prima canto da quando avevo 4 anni e sono approdata in televisione quando ne avevo 8. La possibilità di lavorare con Disney channel mi ha dato la possibilità di lavorare negli Stati Uniti è quello che ha fatto la differenza , fino ad adesso. Io continuo a studiare ora mi sono iscritta alla Facoltà di Ingegneria Meccanica a Politecnico di Milano, continuo a fare la mia vita normale anche se è un po’ complicato fare tutto perché studio anche al conservatorio.
Ingegneria Meccanica , uno studio forse un po’ distate da quello che fai come lavoro, una strana concezione del successo?
Si è distante dal lavoro che faccio anche se in realtà non lo è tanto. La matematica è la musica sono molto compatibili, hanno più o meno le stesse regole. Sono due cose che vanno parallelamente. Non cerco il successo. Tempo fa ho fatto un’intervista ad Alessandra Ferri, lavoravo in radio, io le ho chiesto se si aspettava questo successo e lei : “il successo è qualcosa che arriva con sforzo e impegno”. E lì mi ha un po’ demolito la domanda, come dire se nella vita si cerca il successo e come se non lo si ottenesse, se invece si cerca di perfezionarsi giorno dopo giorno il successo magari arriva. L’artista comunque secondo me non deve cercare il successo ma la perfezione, ispirandosi a coloro che sono più grandi e migliorare sempre di più.
Hai partecipato anche ad un tour con Jesse McCartney …
Si , mi piace molto parlare di questa cosa, perché lui è da sempre il mio idolo, quindi nel momento in cui la Emi Virgin mi ha chiesto di essere la sua supporter nel suo tour estivo nel 2007, ero contentissima. Avevo 16 anni e lui era ed è il mio idolo. Mangiammo a cena insieme e io puntualmente non mangiavo perché presa dall’emozione, ero esattamente come le ragazzine che erano sotto il palco con la differenza che io ho fatto tutto il tour con lui. Ora la cosa si è evoluta, sua madre è diventata mia manager. Adesso a Los Angeles abbiamo un team molto bello fatto da persone interessanti e valide.
Hai realizzato i sogni di tanti ragazzi, quale è il tuo sogno ora ? Ci aspettiamo una Mafy cantautrice?
Sarebbe molto bello fare la cantautrice, anche perché adesso sto lavorando ad un album autobiografico, continuo a scrivere canzoni e continuo a cercare la strada da seguire.
Parteciperò ad un progetto per la fondazione Umberto Veronesi,per quando riguarda l’informazione per far sapere ai ragazzi dei danni del fumo della sigaretta.
Non bisogna soffermarsi solo su una cosa, se si ha la testa per farne tante bisogna farle, fin quanto si riesce a farlo. Il mio sogno oggi è quello di realizzarmi anche in America e bisogna studiare tanto perchè lì c’è tanta competizione e poi voglio laurearmi.
Concludiamo. Cosa è la Bellezza ?
Per quanto mi riguarda la bellezza della persona si vede nella sua unicità, in quello che la caratterizza ed è anche il segreto del musical di cui sono tra i protagonisti. La Bellezza sta nella passione e nell’unicità.

mercoledì 18 agosto 2010

Intervista a Gigi D'alessio


da " Il quotidiano della Basilicata"
Gigi re del castello

Venosa –Questa sera alle ore 21:00 in piazza del Castello a Venosa, sarà in concerto gratuito Gigi D’Alessio con “ Questo sono io . Tour 2010”. Prima del concerto si dedica in esclusiva al “ Quotidiano della Basilicata “.

Gigi, “ Semplicemente sei” è il tuo 18esimo album. A che maturità e consapevolezza sei arrivato?

Io credo che alla fine maturi non si diventa mai. Si aggiungono a piccoli passi delle nuove esperienze e si cominciano a capire nuove cose .Sicuramente si impara. La vita offre continuamente esperienze. La vita è un salvadanaio, ogni giorno metti i soldi dentro, quindi più ci metti e più quando lo vai ad aprire ci trovi.

Con “ Semplicemente sei” hai fatto una cosa nuova e strana, una versione speciale detta formula packaging” di circa 30 euro che consiste in un mp4 di due giga con gli ultimi due album caricati . Un modo per battere la pirateria?

Non è proprio una cosa strana perché in realtà sono stato il primo ad avere il coraggio di pubblicare un album anche in mp4. E’ il progresso. E’ anche un modo per battere la pirateria perchè quando l’album è pubblicato in mp4 i brani sono irriproducibili. Non perdono nemmeno in qualità. Il cd è in sala di rianimazione, ogni anno il mercato perde tantissimo. Ho voluto creare un nuovo modo di pubblicare gli album, credo che a breve lo faranno anche altri artisti. Ogni tanto qualche primato me lo posso prendere.

Hai pubblicato l’album in mp4, il tutto senza vincoli contrattuali. Di tutto questo cosa dice la tua etichetta che è una major la BMG Sony ?

Le Major si fondono ogni giorno, si uniscono per far fronte alle spese. Non posso più fare grandi cose. Io sono andato alla major con l’idea Mp4, mi sono fatto dare le licenze dei miei brani e ho fatto l’accordo con l’Akai . Paradossalmente i contenuti sono della Sony e il supporto dell’Akai. E’ un mio prodotto, come se avessi fatto una macchina con pezzi metà della Fiat e metà della Mercedes.

Non hai mai avuto paura di parlare delle tue cose personali nei pezzi, di storie d’amore. Oggi c’è ancora spazio per queste belle storie?

Il mondo è pieno d’amore, bisogna solo crederci e non bisogna essere ipocriti quando si parla d’amore. A volte uno vuole fa “ u buffon”, invece bisogna battere le barriere è riceve tutto dall’amore , anche la sofferenza. Eduardo Defilippo quando ha detto che il cuore è analfabeta ha detto una cosa giusta, ma il cuore è un grande suggeritore. Quando scrivo una canzone è come se andassi in chiesa a confessarmi , per me il pianoforte è come un confessore e dico anche le cose più nascoste e personali della mia vita.

Gigi, dalla Napoli di Eduardo Defilippo alla Napoli di Gomorra.

Io quando sto a Napoli mi sento tra le braccia di mia madre. Dalla Napoli di Eduardo a quella di Gomorra c’è stato progresso e regresso, come il tutto il meridione. Dove c’è sofferenza , dove c’è fame ovviamente c’è criminalità. Ma dove c’è più fame ci sono più sentimenti quindi queste due cose convivono e si va avanti. I veri artisti vengono dalla strada e dalla sofferenza e quest’ultima a Napoli non manca. Dalla sofferenza viene fuori al forza per affrontare un mondo dove vivere è molto difficile.

Cosa è la Bellezza?

La Bellezza è il profumo che esce dagli occhi e che ti ubriaca.


giovedì 12 agosto 2010

Coast to coast sulla terra maledetta

Ho visto finalmente “ Basilicata coast to coast “. Sul mio computer a casa, naturalmente scaricato illegalmente da internet. Ho tentato di sentire il film come una terra che con l’arte rispolvera il fucile della rivoluzione: qui ed ora o si trionfa o si muore. Parole e strumenti ormai sepolti da tempo nei nostri giardini sotto quintali di terra e letame. L’arte che trionfa, l’arte che rialza la Basilicata. Ma da subito il film mi consegna una amara consapevolezza
Siamo dei poveri zingari che non hanno più la voglia di vagabondare. Siamo pesanti, carichi di delusioni e catene d’oblio, continuiamo a stento a camminare in tondo, sulle strade polverose della nostra terra. Ci muoviamo a tratti come vecchi stanchi. Altro che coast to coast, noi la fantasia l’affoghiamo nel nostro sangue insieme ad una ventata di polvere bianca o meglio sventrando una puttana. Naturalmente solo un’illusone di una notte nel letto a toccare il sacro germoglio di qua e di là , lavando l’ultima essenza della nostra genialità libidinosa mentre l’unica donna che ha ancora la forza per piangere è quella raffigurata in un quadro sopra il letto ma quella è una santa donna e piange per chiunque. Si, perché nemmeno l’amore o magari la parvenza di ciò che si possa definire tale resiste a questi sussulti malefici di terra lucana. Nemmeno il sentimento è superstite della maledizione di questa terra. Una volta qualcuno urlava nei vicoli vezzosi, ma erano dei perditempo, stornellatori senza chitarra e senza storia, dei drogati, degli sconfitti. E’ curioso che ora quelle parole senza tempo risultino vincenti e maledetto sia diventato tutto il resto. Solo in questa terra esistono moderni lager per veterani di una guerra mai sentita e mai combattuta ,dove il sorriso è un lontano ricordo oppure cornice agli immortali momenti di conteggio del denaro dei pochi parassiti della storia, dei padroni che continuano a guadagnare mangiando montagne. E quei poveri schiavi pensano che quell’attività si possa definire lavoro; a forza di strare piegati riescono a vedere solo i piedi dei padroni e dei loro protettori di turno. La disperazione assoluta o relativa divide i vincenti dagli sconfitti. Vincenti per un attimo rubato ad una scarna rappresentazione teatrale senza palcoscenico fatta da ingenui con un fiore in mano e maledetti per tutta la vita; per quanto si possa evitare il bacio della solitudine, non si può sfuggire alla polvere di questa terra che porta verso l’oblio. Ma l’illusione continua quando si brandiscono le corde di una chitarra su un palcoscenico di mitomani fantasmi, magari tra qualche applauso di favore, ti porta a sfiorare l’assurdo di maledetto tra i maledetti, come un pagliaccio che vive in una lacrima .E’ quasi una leggenda da poeti maledetti se non fosse che anche la poesia non ha più senso se non quello del dolce suicidio. Eolico e petrolio si mangiano una torta andata a male che nessuno vuole. Si consegnano a sporchi venditori di morte parti del nostro cuore, perché ormai non ha più senso il suo battere. Allora persino i litri di vino bevuti in abbondanza sulle pietre che stupidamente si continuano a definire caratteristiche, diventa l’unico modo per evadere e ci si tuffa in un misto di vomito e stronzate nel mare della mediocrità assoluta . E così carichi di catene e di frustrazione, cerchiamo la via più semplice per lasciare, uscendo dalla porta principale senza dire niente, senza salutare perché questa terra non ha da tempo più motivo di esistere e con lei il suo popolo. Grazie Papaleo!

martedì 10 agosto 2010

Paola Turci parla del suo " Cielo"


da " il quotidiano della Basilicata"

Paola e la sua voce danzanate

di Francesco Altavista


Marina di Pisticci - La settima edizione della rassegna “ ArgoJazz - Energia dell’arte” si prepara per accogliere il prossimo otto agosto lo spettacolo “ Cielo” di Paola Turci e Giorgio Rossi. Lo spettacolo si svolgerà nell’anfiteatro del Porto alle 22:30;la Turci in anteprima si confida con “ Il quotidiano della Basilicata”.

Paola, parliamo subito dello spettacolo “Cielo “. Come è nato e in cosa consiste l’idea dello spettacolo ?

Lo spettacolo è una voce danzante e un corpo sonoro. C’è la danza e c’è la musica che non è soltanto quella mia perché interpreto altre canzoni, un repertorio vastissimo che parte da De Andrè e va a finire a Sinéad O'Connor. Gira un po’ il mondo. Ed è nato tutto dall’incontro tra me e Giorgio,era un’idea sua di fondere qualcosa tra noi due. Unire la nostra arte, il nostro modo di esprimerci artisticamente e da lì nasce “Cielo”.

“Cielo” è uno spettacolo delicato dove sancisci il tuo passaggio alla chitarra acustica, siamo nel mondo dove è necessario gridare per affermare la propria identità e dignità , tu invece preferisci fare qualcosa di quasi sussurrato, delicato ?

Sai non è guardare fuori semplicemente. E’ la trasformazione che è avvenuta in me che mi fa sentire le esigenze di ascoltare le cose diciamo a basso volume. Voce e chitarra possono esprimere grandissima potenza. Attraverso questa modalità voce e chitarra si può ascoltare tutto. Io così ho scoperto le mie tonalità, le mie caratteristiche , ascoltarmi in modo nudo e crudo senza urla , senza troppa produzione.

Delicato ma forte è anche il tuo ultimo album “Giorni di rose “. Si potrebbe considerare un esercito di donne , un manifesto femminista ?

Si potrebbe. Quando le donne si mettono insieme e lavorano ad un progetto, in modo anche così semplice e spontaneo, è sempre qualcosa di bello per il mondo. E poi anche il modo in cui si è realizzato il disco è bello. E’ stato vero, non c’è stato nessun contratto o promessa discografica, c’è stata una proposta diretta da parte mia e una risposta immediata da tutte le altre che si sono messe subito al lavoro per me.

Tu lo hai interpretato con un disco ed uno spettacolo che parlano all’anima solo come una donna sa fare. Ma quale è il ruolo della donna nel mondo della musica ?

Il ruolo della donna nella musica è quello di rappresentarla con un modo eticamente ineccepibile cioè senza prestare il fianco all’avvenenza e all’aspetto fisico. Niente è mercificabile nel mondo e nel corpo della donna. Questa è una cosa che la donna deve capire prima degli uomini. Giovarsi della bellezza è normale e naturale ma pensare di venderla è dannoso e pericoloso, fa male. Avere una considerazione alta di ciò che è la donna , di come è fatta e di ciò che è bellezza. La donna deve rappresentare una forza che è ancorata alla dolcezza, alla semplicità, alla maternità e appunto alla bellezza.

Cosa è la Bellezza?

E’ uno stato d’animo. E’ quando una donna non si sente anonima , ma ha la consapevolezza di essere donna.