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lunedì 28 maggio 2012

Diaz, intervista Daniele Vicari

da " Il quotidiano della Basilicata"
A tu per tu con Daniele Vicari 


di Francesco Altavista





Rionero  -  E’ il regista del momento Daniele Vicari  con il film pluripremiato in Europa “ Diaz- non lavate questo sangue”.  Sarà presente questa sera a partire dalle 20 a Rionero in Vulture per partecipare ad un dibattito, a seguito della proiezione del film,  al cinema “ Vorrasi” con Antonio Placido il sindaco di Rionero, Alessandro Mantovani autore del libro “ Diaz Processo alla polizia”, Paolo Pesacane  assessore provinciale Politiche sociali, l’onorevole Elettra Deiana ( parlamentare ai tempo del G8 di Genova) e Armando Lostaglio del “ cineclub “ V. De Sica” di Rionero , organizzatore dell’evento. In anteprima Daniele Vicari  si concede ad un’intervista per “ Il quotidiano della Basilicata”.  



Daniele, hai conquistato premi un tutta Europa per il tuo film “ Diaz- non lavate questo sangue”. Ma in Italia a che punto è la discussione?
Il film ha aperto due fronti di discussione importanti: uno sui fatti di Genova, su cosa è accaduto in quei giorni, la gravità di quei fatti, il fatto che siano ancora aperti dal punto di vista giudiziario ma anche politico. Ieri c’è stata una proiezione in parlamento organizzata da alcuni parlamentari del PD che hanno voluto far vedere il film, per  riaprire questa discussione. Pare che ci sia una proposta di legge per istituire una commissione parlamentare d’inchiesta. Il film riapre questa questione sul piano politico-storico e poi ci sono i processi all’ultimo grado di giudizio in cassazione. L’altro fronte di discussione è relativo al cinema, quanto  e fino a che punto la nostra cinematografia è in grado di raccontare il paese, le sue difficoltà e contraddizione. Sono due fronti secondo me molto importanti aperti dal film.
Perché hai  scelto questa strada scomoda e ripida per il tuo  cinema?   
Perché innanzitutto questi fatti hanno inciso sulla percezione che la mia generazione ha verso le istituzioni. Io credo che se una classe dirigente seria non affronta i nodi profondi del nostro paese, questa classe sarà superata dalla storia. Il fatto di non affrontare mai veramente i problemi ma lasciarli cadere, di impantanarli questo ci ha portato  sull’orlo dell’abisso. Questo vale per l’economia, vale per le questioni giudiziarie e sociali, vale per la storia intera del nostro paese.
 Dopo aver lavorato a questo film che riflessione sulla democrazia senti di fare?
La prima cosa che ho pensato è  che è un grave sbaglio darla per scontato, le generazioni che verranno non perdoneranno questo errore. La democrazia va costruita giorno per giorno, è bella ma fragile. I fatti di Genova lo dimostrano, il comportamento omogeneo delle forze dell’ordine  fa paura. Significa che in ogni momento anche una tradizione democratica solida come l’Italia può scivolare in situazioni critiche inaccettabili.



Che spiegazione ti sei riuscito a dare  sulla motivazione di  questi massacri che tu mostri nel film ?
E’ successo questo per tanti motivi legati al fatto che ad un certo punto  la democrazia non riesce a fronteggiare i problemi  e reagisce con un attitudine non democratica. Centinaia di migliaia di persone provenienti da tutto il mondo nel 2001  arrivarono a Genova per  un grido d’allarme verso la finanziarizzazione dell’economia, queste persone avevano visto lungo. I potenti della terra non presero in considerazione questo grido, fatto anche da grandi studiosi d’economia, e  hanno risposto con violenza,. Dopo dieci anni , i due politici  che sono i maggiori responsabili della crisi istituzionale ed economica, la Merkell e Sarkozy propongono la  “ Tobin tax” che era una delle parole d’ordine del movimento no global. E tristemente ridicola questa cosa. Le classi dirigente europee  sono almeno dieci anni in ritardo rispetto agli eventi e lo stiamo pagando tutti sulla nosta pelle.
Secondo te, dopo  il tuo film, è cambiato il  rapporto tra i cittadini e le forze dell’ordine?
Non lo so. Non so misurarlo.  Credo che il fatto che la portavoce della polizia a Genova, abbia raccontato delle balle colossali a tutti gli italiani, il fatto che la polizia abbia nascosto la  catastrofica gestione dei fatti di Bolzaneto, certo non fa onore ai dirigenti nazionali. Torture per giorni e giorni non fanno onore a chi porta la divisa, centinaia di messaggi che mi arrivano ogni giorno da persone delle  forze dell’ordine che mi ringraziano per il film, stanno a dimostrarlo.
Tra le torture di “Bolzaneto”  mostrate nel film c’è anche quella verso una ragazza che ha le mestruazioni e viene costretta proprio da una donna poliziotto a pulirsi con un giornale vecchio. Siamo  all’annientamento dell’umano, sia nelle vittime che nei carnefici ?
Queste cose qui terrificanti nei bagni sono state fatte a decine di ragazze. Il fatto che dei poliziotti si comportino in quel modo sta fuori dalla civiltà, non solo dal codice penale. In un certo senso è l’annientamento dell’umano, per le torture di “Bolzaneto” ho dovuto fare riferimento ad un immaginario cinematografico che non è il nostro, quello dei campi di concentramento, essere umani ridotti a nulla. Questa cosa è accaduta a “Bolzaneto”, è una crepa terrificante, un rimorso del passato  nella storia di un paese che si illudeva di aver superato la propria storia. Invece mi sembra evidente non l’abbiamo elaborata,questo rapporto folle tra istituzioni e cittadini  può dare luogo a queste tragedie, ecco perché sarebbe importante avere una legge contro la tortura, il fatto che il  parlamento italiano non la ratifichi  dal 1984, è molto significativo.
 Tutto questo significa anche condannare una stato a  criminale ?         
 Io credo che se continua questo silenzio e questa copertura di questi comportamenti inaccertabili sono le istituzioni stesse che si auto accusano. Il mio è un racconto non un processo, non c’è dubbio che lo Stato ha mostrato una faccia che con la democrazia non ha nulla  a che fare. Lo Stato deve muoversi, deve chiedere scusa ai cittadini italiani, perché sono stati calpestati i diritti. Deve esistere  un rapporto limpido tra Stato e cittadini.
Alla fine del tuo film, c’è una panoramica che fa respirare ma poi c’è la scena del pullman che porta gli arrestati di Diaz mentre entra in un tunnel  . E’ una speranza spezzata a metà?
Quella scena sembra una liberazione ma poi si infilano in un tunnel buio che sono tutti gli anni venuti dopo. Da una parte la speranza non muore perché è stato possibile fare dei processi, parlare di questi fatti. Dall’altra parte questi processi rischiano di non arrivare da nessuna parte. Questa immagine come hai detto è un’immagine contrastata, un desiderio di futuro ma anche una paura di un tunnel in cui tutti ci siamo infilati. Se qualcuno non fa qualcosa non possiamo essere sicuri che una cosa del genere non ricapiti.
Andiamo in conclusione. Hai in mente un prossimo film?
Sto lavorando ad un documentario intitolato “ La nave dolce” è quasi finito. La storia di una nave “ Flora” che portò ventimila albanesi l’8 agosto del 1991 , da Valona al porto di Bari, la prima immigrazione di massa in Italia che ha dato vita ad una nuova era.
Cosa è la Bellezza?
La Bellezza è un qualcosa che parte da due elementi fondamentali , la chiarezza  della sua rappresentazione e il suo senso profondo che viene verso di te e non ti lascia solo.


lunedì 21 maggio 2012

Con i" Musicamanovella" on the road

da " Il quotidiano della Basilicata"

On the road con i " Musicamanovella




di Francesco Altavista 



Pignola – On the road tra Potenza e Pignola , per un chiacchierata sincera ed esclusiva  con Rocco Spagnoletta dei “ Musicamanovella”, mentre  in  sottofondo  in anteprima assoluta ci sono  i pezzi  del nuovo disco ( autoprodotto , edizioni “Officina” di Nello Giudice, mastering Steve Fellone dello “Sterling studio” di New York)    dal titolo “ Te lo giuro su Vinicio Capossela”. Rocco  arriva  al luogo d’incontro  con  il suo maggiolone blu,  il disco è già inserito nel lettore. La seconda fatica discografica della band sarà presentato  il 25 maggio prossimo  alla “ Notte bianca” di Pignola a mezzanotte dopo lo spettacolo de “ La ricotta”, il 22 però una serata speciale in omaggio ad un poeta di Pignola scomparso Francesco Albano in arte  “yzu”  con artisti da tutta l’Italia .  Il 15 maggio nel “trend expo” a Potenza c’è stato  un breve assaggio,  ma per “ Il quotidiano della Basilicata”, l’ ascolto è integrale. Il punto d’incontro è in  Viale del Basento a Potenza. Chiunque stenterebbe a crederci ma il cantautore pignolese è laureato in economia e commercio e lavora a Potenza come dirigente . «  Comprai una guida dell’Università “La sapienza”, misi un dito in mezzo ed aprii la pagina della facoltà di economia.» Racconta. La musica intanto esce dalle casse, in mezzo alla polvere di cui è coperto il mezzo di trasporto. Gli occhi di  Rocco sono un misto di un invasato di filosofia e musica e un bambino alla sua prima cotta verso una donna bellissima e fuori portata ma come tutti gli spontanei innamorati  è il pretesto per  tuffarsi in  un meraviglioso capriccio poetico. 



Dice subito : «lo sai dove andiamo?  A Pignola.» La cittadina  a due passi dal capoluogo è la terra natia dei “ Musicamanovella” , proprio a Pignola nel 2004, dicembre , il loro primo concerto. La Band nasce dopo lo spettacolo del grandissimo Vinicio Capossela  dell‘agosto dello stesso anno. «Vinicio mi ha cambiato la vita, il fatto di chiamare il disco “ Te lo giuro su Vinicio Capossela” è anche un omaggio a colui che inconsciamente ci ha fatto nascere. » Spiega Rocco. All’ultimo  concerto a Potenza , Capossela lo volle con lui sul palcoscenico per un pezzo. «Ha visto la track list ed ha detto: Tu sei uno spergiuro! » Confessa. “ Te lo giuro su Vinicio Capossela” è un disco  curato, due anni di lavorazione per un lavoro che da subito si fa amare ;  ci spiega Rocco: « questo è meno a tarantella.» In effetti la prima impressione è quella che sia meno ballabile del primo, più riflessivo, più curato nelle sonorità. Mentre  l’album continua a farsi sentire dal lettore, Rocco si ricorda di una notizia: «  parteciperemo ad un programma televisivo, cureremo le musiche di “ Bravo, grazie “in onda su “Sky comedy central” ma già venduto probabilmente anche a La 7 e in trattativa per la Rai – continua  Rocco – abbiamo già registrato la sigla che sarà “ In questo  giro di la” pezzo del vecchio disco con un video costruito con una telecamera sul cruscotto della macchina mentre noi giriamo per Roma,per mezz’ora, un’idea del regista. » Il regista del programma è il famosissimo Duccio Forzano,alla regia anche di programmi come “ Che tempo che fa” di Fazio ma anche delle edizioni 2010-2011 del festival di Sanremo. Le novità non finisco qua : «i “ Musicamanovella” si sono arricchiti con   Antonello Ruggiero alla batteria   e di una voce femminile, Sabrina Pippa,la sorella di Arisa e secondo me è anche più brava – ci spiega Rocco che continua- Michele Scavone , il vecchio batterista andrà alle percussioni insieme a Zio Vito,Gianluca Sanza che ha fatto il mixaggio del disco e gli arrangiamenti si occuperà dei suoni anche nei live, in più in questo disco canto anche io per la prima volta.».A completare la band Dario Vista  per voce e basso, Mimmo Gruosso tastiere e Drum Macine , Fausto De Nicola chitarre elettriche  e l’immancabile Rocco Azzarino , maestro d’orchestra. Il maggiolone blu entra a Pignola e Rocco  spiega: « Se vivi qui non puoi fare a meno di creare arte» Il legame con la sua terra è forte, un amore vero e profondo, nel nuovo disco unisce questo attaccamento feroce alle atmosfere chansonnier un po’ noir , un po’ cantastorie e un po’ maledette, che tra citazioni illustri prende in giro  tutte le cose che in un certo senso ama e fanno parte di lui. Il maggiolone blu  si tuffa nella cittadina, troppo breve la strada tra Pignola e Potenza, c’è bisogno di più tempo e Rocco decide di girare intorno alla sua terra, percorrendo strade solitarie come fa una guida in un bellissimo museo fantasma.  Quello dei “Musicamanovella”  è un cuore scanzonato che si muove nel gioco delle contraddizioni vestite di poesia sporca di strada e di pubblico. Un’anima  che nasce proprio nei primi anni di vita del gruppo, quando si suonavano  cover di Capossela unite a quelle di Tony Tammaro, non era difficile sentire  prima la poetica straordinaria di “ Con una rosa” e poi  frasi del tipo: “ io sono un ragazzo con furgone,tra un fior di latte e un provolone ci metterò le tue mozzarelle”. In queste sfumature chiaro scure,ironico- satiriche si incastra un rispetto quasi religioso verso le donne, “ tutte le donne sono madri anche se non hanno figli. La donna è tutto, l’origine di tutto quello che vale la pena vivere, fare, creare, amare”, spiega Rocco.  L’ironia di Spagnoletta è aguzza e profanatrice, ma quando si sublima a poesia risulta  leggera come polvere di una nuvola che cade addosso e ingravida lo spirito  . Tutti i testi nascono da episodi di vita, da venature di un sentimento vissuto in prima persona, da convinzioni profetiche che in realtà sono ferite al cuore e all’anima, il tutto specchiato in un sorriso che dura tutto il disco prima di crollare in terribili riflessioni solitarie. Il disco, composto da 11 inediti e una cover, si colora dei più svariati generi,  parte con la Title Track : “ Te lo giuro su Vinicio Capossela”, un pezzo leggero che racconta la promessa d’amore assoluto  di un innamorato che giura sulle cose a lui più care. Rocco non risparmia metafore con una strana serie di priorità:  insieme al maestro Capossela anche i  “Bee Hive” prima di   John Fante.  « Ai cantautori capita che le proprie fidanzate, nel mio caso una ex,   trovino tutti gli svariati riferimenti ad altre donne nei pezzi che scrivi e ho voluto chiamare questo pezzo “ La canzone che non parla di te “ . Te lo dico io che non è per te », racconta Rocco sul secondo brano In realtà è uno dei pezzi più romantici e squisitamente dolci del disco su sonorità irlandesi , spiega ancora il romantico Spagnoletta : «Alla fine, se non parlo di lei , di cosa parlo ? » Alla terza traccia il percorso dell’album si fa più impervio: “ Maledetto Marenero”  dalle sonorità molto popolari , racconta di una storia d’amore incastonata in un intreccio di immigrazione e di barconi capovolti, ma è anche un pretesto del acuto poeta Spagnoletta per parlare di disillusione.  Alla quarta traccia arriva “ La Rumba dell’impiccato”, ritmo coinvolgente ma testo devastante che parla di   briganti,immigrati,  reietti, tutti  sotto ricatto per vivere. E’ tempo poi dell’ironica “ La donna è il secondo errore di Dio”, in cui Rocco dipinge figure sbiadite sia femminili che maschili, naturalmente sbeffeggia  le seconde con abili trame letterarie. 


Da innamorarsi subito, meravigliosa la parte dei cori e quella  cantata da Sabrina Pippa.  “ Giada” è un pezzo da cornici pop: « Nasce da un episodio capitato a me e Dario a Roma - racconta Rocco- tornavamo a casa e nell’atrio incontrammo due ragazze francesi bellissime, noi però non riuscimmo a proferire parola per l’emozione . Decidemmo di scrivere un lettera, Dario disse che era sicuro che vivessero all’interno 11. La mattina dopo trovammo una lettera nella nostra casella di posta, eravamo fieri di esserci riusciti ma  dopo un po’ capimmo  che era la nostra  lettera, la girammo e c’era scritto: le francesine vivono all’interno 13, au revoir “. Ridemmo per tutta la notte.» “ Sulle teorie geocentriche di Mimmo”, la cover di Celentano “ Susanna “  e “ No snob” riportano ad un mondo giocoso ma colorato di tanta realtà.” Di schiena, d’amore  in un duello” è una chicca, un piccolo capolavoro tutto da gustare con la partecipazione di Fabrizio Bosso alla Tromba. “ Musica per discodance “ è la penultima canzone, con un’intricata ma palese rete di doppi sensi e di ilarità su ritmi dance tutti da ballare , si parla di gelosia e di fedeltà  ai tempi di facebook, spiega Rocco con il sorriso : « facebook credo sia l’emanazione del membro maschile, il titolo poi nasconde una parola in vernacolo aviglianese che non si può dire sui giornali. » Chiude il disco l’atmosfera parigina de “Il  valzer del Manichino” che dà il nome anche al tour ( c’è una proposta di una data a  New York). Una elegante dissertazione poetica  che mischia le acque della Senna con il consumismo dei centri commerciali. Alla fine il maggiolone torna a Potenza, sulle note di echi francesi  e in testa ancora le parole di  folli,  poeti, cantastorie, chierici erranti , costruttori di alchimie vereconde di realtà,  i “ Musicamanovella.” E’ tardi e si torna a casa , anzi Rocco no, confessa di avere una serenata da fare sotto la finestra di una promessa sposa per conto del futuro marito.

venerdì 18 maggio 2012

Vecchioni e un cammino verso il sogno

da " Il quotidiano della Basilicata"

Un cammino verso il sogno




di Francesco Altavista



Potenza – Cinto il pubblico da una catena di anime, avvinghiate l’una con l’altra con l’entusiasmo, tanti giovani che si tengono per mano,  tante maglie bianche che formano insieme un solo grande abbraccio voglioso di calore, di vita , di speranza. Un tornado di tanti colori , quelli dei ragazzi dell’Associazione “ Amici dell’Hospice, che prende in pieno   gli spettatori  seduti sulle strette sedie del cine-teatro Don Bosco di Potenza , dopo un concerto straordinario del cantautore Roberto Vecchioni che torna nel capoluogo lucano dopo 25 anni.  Un cammino verso il sogno e non verso un’idea, spiega il presidente dell’associazione Raffaele Messina  che prima dello spettacolo sale sul palcoscenico colmo di strumenti musicali. 


“ Non preoccupiamoci di aggiungere giorni alla vita, ma di dare più vita ai giorni” questa  frase, simbolo degli “ Hospice” , è dell’infermiera britannica Cicely Sauders, fa da  sintesi poetica al grande lavoro dell’associazione “ Amici dell’Hospice” organizzatore di un concerto che vuole dare una valenza collettiva ad un percorso di speranza e di vita. Di entusiasmo è pregna la sala del Don Bosco che si riempie da subito fino all'inverosimile: tutti sono  consapevoli di assistere ad un evento storico.  Roberto Vecchioni  inizia il suo concerto alle nove e mezza circa( durerà più di due ore), si palesa sul palco per ultimo dopo i suoi musicisti che formano una band di ben nove elementi, tutto avviene in penombra. Poi si parte con “ Sogna Ragazzo Sogna” ,le luci si accendono con sfumature viola,  il sound è da subito sano, puro e trascinante. Dietro a destra un piccolo soppalco dove si siedono le bellissime musiciste : Maria Costanza Costantino al violino, Chiara Scoppelliti alla viola, Riviera Lazeri al violoncello: davanti alla sinistra del cantautore Eros Cristiani al pianoforte e fisarmonica; andando verso destra poi Massimo Germini alle chitarre acustiche, Roberto Gualdi alla batteria, Marco Mangelli al Basso, Stefano Cisotto alle tastiere e   uno dei più grandi poli-strumentisti d’Italia Lucio Fabbri che per Vecchioni suo amico suona  violino e chitarra elettrica.   C’è quindi una straordinaria orchestra che durante il concerta sarà sempre in movimento,alcuni brani sono eseguiti interamente in acustico, ma soprattutto c’è il professore, un Virgilio senza barba, barcollante  e vestito di jeans, giacca che toglie dopo il primo pezzo e camicia  bianca, porta il pubblico in un viaggio quasi mistico tra le costruzioni fameliche dei suoi simboli e metafore, perdendosi egli stesso nella grande foresta del buio e dell’ignoto cercando un lume, una luce qualsiasi che sia speranza. Forse però è solo un’illusione, Vecchioni non segue in questo viaggio il suo pubblico, lo disegna ma lo guarda da lontano e ne tira i fili per poi tranciarli di netto, lasciando agli spettatori la scelta di legare quel filo ad altri cuori. 




Ad ogni piè sospinto il professore, regala in recitazione  ora  “ L’Ode alla pace” di Neruda, ora scritti di Orazio, ora un monologo incredibile sul dolore, ora frasi dal vangelo. Sono tutti modi che un vecchio cantautore usa per catturare il suo pubblico, come si faceva una volta , insegnando, dando spunti da approfondire in un concerto che ha tutte le sembianze di una “ Lectio Magistralis “ sulla vita, sulle speranze e sull'amore. In tanti avrebbero voluto avere al fianco la propria innamorata o magari quel viso intravisto tra i  ricordi e i rumori sagaci del cuore quando al secondo brano arriva  “ Dentro gli occhi” e poi la perla del concerto “ A.R.  Arthur Rimbaud “ del lontanissimo 1976. Il professore insegna  e la sua poesia scava un solco incolmabile, ascoltando una scaletta che in pochi minuti passa dagli anni settanta ai giorni nostri, da “ I colori del buio” a “ Ninni” , da “ Le lettere d’amore “ a “ Viola D’inverno”.Ma  Vecchioni non dimentica il sorriso  racconta  una barzelletta, poi  battute sul PD , su Berlusconi, sulle pubblicità : “ sono un latinista, insegno latino da una vita, ma credetemi non ho mai capito cosa vuol dire “Bifidus Actiregularis” ; per poi chiedere equivocamente scusa dicendo :“permettetelo ad un vecchio comunista”. 


E’ incredibile specie nei più giovani riscontrare in  Vecchioni qualcosa di impensabile con le storture artistiche di oggi,  il professore è sincero, non si nasconde e addirittura mostra pezzi  della sua  vita, cantando “ Figlia” e “ Un lungo Addio”, il commosso orgoglio di essere padre e nonno da poco di due gemelli.  Finisce tutto con “ Chiamami ancora amore” , poi il premio dalla città di Potenza e la maglia degli “ Amici dell’Hospice”  per poi  salutare tutti con :  “Luci a San Siro” e “ Samarcanda”. Se l’obiettivo era festeggiare la vita e la speranza , è stato colto in pieno, Vecchioni è un po’ come il  chierico dei sogni rubati, un cavaliere errante  che sui scaglia verso i mulini a vento e  combatte il dolore , “ lo colpirò con le mie parole talmente forte che nemmeno il suo secondo lo farà risalire sul ring”, legge dal palco. Uno spettacolo indimenticabile  che va sicuramente dedicato al grande lavoro degli “ Amici dell’Hospice” una realtà che fa meno paura ed ora conosciuta di più.    

martedì 15 maggio 2012

Erica Mou, la voce delle emozioni

da "Il quotidiano della Basilicata"


Erica Mou, la voce delle emozioni



di Francesco Altavista 




Tito – Capita a volte che qualcosa di meraviglioso entri in un auditorium come quello del centro per la creatività “ Cecilia” di Tito, sabato scorso nell’ultimo appuntamento del festival “ If 6 was 9” . Capita che i propri pensieri si intreccino uno con l’altro solo per creare una corda abbastanza resistente per  legare quell’esistenza a se stessi, per portarla sempre con sé per impregnarsi di odori, di profumo unico e d’essenza. In queste situazioni si cerca sempre un’armonia giusta in testa, se poi la musica viene dal palco  dove c’è Erica Mou allora si è all’apoteosi della passione artistica, dove ogni secondo, ogni istante è da incastonare per sempre nella memoria.  L’ultimo concerto della rassegna organizzata dall’associazione “ Multietnica”, è polvere preziosa dalla luminosità illimitata che l’ottimo gusto degli organizzatori ha offerto al suo pubblico. Poco importa se poi troppe sedie dell’auditorium erano vuote, la pochezza emozionale della scelta giovanile, di quelli che hanno preferito fare altro, ha reso lo spettacolo molto intimo , con un rapporto quasi affettuoso  con l’artista sul palcoscenico.  Erica parte come previsto,  alle dieci e mezza , con lei sul palco c’è un musicista  di livello internazionale  Majiker anche arrangiatore dell’album della cantatrice di Bisceglie in vendita tra l’altro all’ingresso della sala.  Un pianoforte a mezza coda , la loop macine , la chitarra e una cassa nera adibita a tavolino con sopra diversi oggetti, così si presenta l’intima  scena , quando Erica parte con la bellissima "Harem". Il pezzo, come diversi nella scaletta,  è praticamente arrangiato  dal vivo con l’ausilio della “Loop”, con il maestro Majiker che trasforma gli oggetti del tavolino in portatori di suono ed emozione e con  le escursioni melodiche della voce di Erica .  Il tempo di un brano e la cantautrice pugliese, ha già bruciato i pensieri del pubblico, con il quale scherza, parla, racconta  la sua arte sempre con una dolcezza che si stenta a definire umana e più vicina a quella di un angelo di un paradiso terreno e aulico allo stesso tempo. Il secondo pezzo è la straordinaria “ Oltre” ,  metafore di matrice quasi “rimbaudiana “ , che ti trasportano come avrebbe detto il poeta francese “altrove”.  “ Vorrei dirti un sacco di cose”  provoca un applauso che crea un dolcissimo imbarazzo in Erica e il suo grazie diventa un suono celestiale. Il sound della cantautrice è davvero poco italiano, si ha la consapevolezza che si sta assistendo non solo a qualcosa di unico  ma anche alla nascita di una stella. Mescolare insieme  vicende apparentemente banali come per esempio i “ talloni screpolati” a versi dell’Iliade è qualcosa di prodigiosamente idilliaco; Erica dimostra al pubblico sì ingenuità ma anche una consapevolezza intellettuale che affascina più della sua dolcezza.  Dopo “ Epica” arriva la surrealista “  Vivere sul tuo collo” , ironia e sensuale Erica crea il suo quadro del mondo e lo fa con sangue e cuore. Sembra di vivere una sogno, un romanzo , come essere  nella rete dorata  di  “Remedios la Bella” che il genio Marquez  scrive nel suo “ Cento anni di solitudine”. Erica guarda il suo pubblico, i suo occhi riconoscono l’intimo di ciascuno. “ Nella vasca da bagno del tempo” pezzo sanremese, incanta come fa una dea che balla sulle nuvole. “ La neve sul mare” e “ E’”  e “ Torniamo a casa”  chiudono dopo appena un’ora il concerto. Poi Erica torna due volte, stacca prima la chitarra poi il pianoforte dall’amplificazione e si siede sul bordo del palcoscenico. Canta due cover con un’umiltà colta :“ L’edera”  e “ Una furtiva lacrima”. Regala al pubblico un inedito indimenticabile “ Sincronia” , poi saluta tutti con “Tè”.  Un concerto che indistruttibile avvelena la cute, che dolce , passionale, ingenuo e aulico  come Erica  accarezza catturando le dita come si fa tra innamorati e trascende   in un atto d’amore vero e proprio, uno di quell’agire  che da soli a casa, prima di assopirsi fa inondare i visi di lacrime di Bellezza.   

Dolcenera, esplosione Rock


da " Il quotidiano della Basilicata"

Con Dolcenera un'esplosione Rock 



Di Francesco Altavista 


San Cataldo di Bella – Per arrivare a San Cataldo di Bella a più di novecento metri sul livello del mare  è un’impresa omerica viste le condizioni della strada, ma alla fine per naufragare negli occhi di Dolcenera  ne vale certamente la pena. Nell’ambito dei festeggiamenti per San Cataldo, la piazza delle Terme si è riempita di giovani per un concerto di Rock tale che probabilmente le pietre continuano a tremare, tanta è stata l’energia innescata dalla brava cantautrice salentina. Il pubblico numerosissimo non ha potuta fare altro che farsi trasportare dal ritmo e dalla bellezza straordinaria di Dolcenera che fa il suo ingresso sul palcoscenico sotto le luci viola, il colore del rock. Indossa una minigonna di pelle nera unita ad una maglia ampia bianca e giacca,in perfetto stile dark lady. Ma Dolcenera è rock  e ci sta che si vesta in un certo modo, le calze nere che fasciano le gambe fanno perdere la testa ai giovani più infuocati ma è soprattutto la musica ad esaltare. Per la durata di circa due ore, Dolcenera mantiene la stessa tensione, la sua voce potente , calda e passionale  non risente della stanchezza, i suoi movimenti non soffrono i tacchi vertiginosi che indossa. I fan alcuni venuti da lontano inneggiano il suo nome e lei li ringrazi con puro rock unito ai testi di un cantautorato bello ed elegante. “ Sarà un giorno Bellissimo” , “ Il sole di domenica”  e “La preghiera di virginia” come previsto scatenano gli animi mentre Dolcenera gioca con la sua voce  e tra le note basse  e quelle altissime che riesce a raggiungere c’è la meravigliosa  forza che consente alla cantautrice  di sostenere il palcoscenico e di trascinare attraverso sudore, stenti e ballo il pubblico verso l’inimmaginabile. Quando poi arriva “ Mai più noi due” , gli innamorati si abbracciano, chi è solo cerca  chi abbracciare , chi può si tiene per mano, chi non può si abbandona al desiderio surreale. La cover “ Pensiero stupendo” eseguita al pianoforte è un capolavoro che mischia le dolci note eseguite da Dolcenera al pianoforte, alla sua voce passionale e sporca, per poi abbandonarsi ad un sound di pura energia, di quella che alla fine si sente addosso come una botta in testa. “ Torniamo tutti a casa” è l’occasione per  dividere la parte  cantata con  il pubblico che recepisce e da sfogo alle proprie corde vocali che in conclusione risulteranno a pezzi. Dolcenera parla poco con il suo pubblico, concede il massimo dello spazio alla sua arte e a piccoli esperimenti. Come una brevissima parentesi con la loop macine, davvero breve e con il theremin, strumento particolarissimo dell’elettronica,la particolarità sta nel fatto che si suona senza toccarlo.  Tutto si conclude con la bella “ Siamo tutti là fuori”. Anche se all’inizio sembrava una Gianna Nannini anni 90 involgarita, Dolcenera ha mostrato la sua voce unica e straordinaria mai in sofferenza, che sa sussurrare ed urlare con la stessa intensità emotiva, questo insieme a degli occhi che hanno dell’incommensurabile hanno reso il concerto un meraviglioso esempio di come affascina il rock. 

sabato 12 maggio 2012

Erica Mou

da " Il quotidiano della Basilicata"

Tutti a Tito per Erica Mou 






di Francesco Altavista 







Tito – Arriva Erica Mou!  A partire dalle 21:00, sabato 12 maggio, al Centro della creatività di Tito, per il terzo appuntamento del festival “ if 6 was 9”  organizzato dall’associazione “ Multietnica” la cantautrice pugliese  finalmente delizierà  il pubblico titese con quelle sonorità che tanto sono piaciute  non solo a Caterina Caselli che ha scommesso su di lei ma anche  al produttore islandese dell’ultimo disco di inediti “ E’ ” , il signor  Valgeir Sigurosson segno che qualcosa di interessante e di diverso in Italia  si fa  e porta il nome di una giovane e bella ragazza pugliese, Erica Mou.  Quest’ultima  fino alla fine tra i favoriti della categoria giovani del festival di San Remo di quest’anno, ottiene  poi il secondo posto dopo Alessandro Casillo figlio raccomandato dal programma della tv trash  “ Io canto”  ma conquista  con il brano “ Nella vasca da bagno del tempo”, il   premio della critica “ Mia Martini” e “ premio della sala stampa”.  Erica Musci di Bisceglie, classe 1990  conosciuta come Erica Mou è una stella nascente  che brilla nel cielo, il pubblico che sarà a Tito non può fare altro che sentire  l’aria più frizzante ed ansiosa, tanta la curiosità e  tanta l’emozione. In anteprima Erica si concede ad un’intervista, quasi tra coetanei,  per  “ Il quotidiano della Basilicata”.
Erica, partiamo da una curiosità. Perché siamo tutti innamorati, artisticamente si intende,  di te ?
  Ah sì? Non lo sapevo!Non  so rispondere a questa domanda. Posso dire che fin ora tutto quello che ho fatto è stato profondamente sincero, penso che anche dal vivo questo fatto di essere abbastanza nudi, nel senso non fisico del termine, possa far coinvolgere gli altri. Oggi abbiamo davvero tanto bisogno di comunicazione reale. Spero che le persone si sentano sempre coinvolte.
“Nella vasca da Bagno del tempo” è il pezzo presentato a San Remo. Finisci il pezzo aggiungendo al ritornello  Voglio diventare vecchia, senza fretta “ solo nel finale un “ e  insieme a te”.  Da cosa nascono queste metafore sul tempo ma soprattutto, questo “ a te” è una finzione letteraria o è riferito ad una persona reale?
E’ un “ A te” di  quel momento,ma non solo . Ti posso dire che  è una canzone ispirata fortemente. Il pezzo  è nato diversi mesi prima di San Remo, mi sentivo cresciuta e per la prima volta sentivo anche   una forte paura del tempo che mi stava sfuggendo. Questa canzone è un piccolo momento di lucidità in cui mi sono risposta che avere questa paura non aveva senso, in quel momento ho pensato ma lo credo fermamente  che avere una persona giusta accanto per condividere il tempo che passa forse rende questo percorso positivo.
Come hai affrontato quel mondo patinato e borghese che è Sanremo, tu che vieni dalla strada, dal mondo vero?
Io devo dire che non è stato traumatico come me l’aspettavo. E’ stato un mondo molto umano. Tra le  cose che mi sono piaciute, ci sono i tanti incontri che ho fatto con le persone, con gli altri artisti con i giornalisti  e tutta quella gente che lavora nel mondo della musica e che in situazioni diverse è difficile incontrare. Certo ci sono stati i momenti un po’ da circo, andavano presi però così per quello che erano, entrare in questi mondi patinati è sano e comunque meno dannoso  se si pensa che è una cosa che dura solo per un certo periodo. Se poi ci credi troppo profondamente rischi di avere  degli sbalzi d’umore pazzeschi. Anche nell’arco di una stessa giornata tu magari ti alzi  ci sono le persone per farti l’intervista , per truccarti, consigliarti, per stare con te e poi alla fine della giornata c’è uno sbalzo forte perché resti  solo. Se non hai vissuto  la prima parte della giornata  con un piccolissimo distacco rischi di stare male nel momento del tuo ritorno alla quotidianità.
Molti artisti dopo Sanremo presentano un disco di inediti. Si aspettava anche il tuo, ma non è arrivato. perchè?
Il lavoro di promozione di “E’” è stato un attimo interrotto per San Remo e per altre cose belle che l’album ha portato. Abbiamo pensato che questa canzone fosse un modo per farlo conoscere di più. Però non ti preoccupare stiamo lavorando ad un prossimo. Non so ancora nulla sto scrivendo delle cose nuove, sto  rivedendo le vecchie e sto decidendo che umore dovrà avere questo disco, sto cercando di fare una prima selezione di brani. In realtà  penso ad atmosfere che siano  più spigolose di “ E”, non ti posso dire altro.
Tu eri già abbastanza famosa prima del festival. Pensi di esser stata in  qualche modo avvantaggiata, forse  era meglio partecipare  con i big?Sei dispiaciuta della vittoria di Casillo?
Io mi sento tutt’ora molto emergente, non penso di avere tutte le carte per partecipare nei big, magari in futuro speriamo di poterlo fare.  Non sono stata sorpresa della vittoria di Casillo, sapevamo tutti dei tanti  fan che ha, sei volte i nostri. Non mi ha dato fastidio, conoscendolo è davvero un bravo ragazzo, persona disponibile, spero per lui che abbia la possibilità di continuare  senza farsi cullare troppo sui successi  che ha.
A San Remo da una parte c’eri tu con la tua dolcezza e dall’altra la vincitrice Emma che sembra essere l’esatto contrario. Ti senti di avere il ruolo della  riformatrice musicale anti-talent?
Io quando mi arrabbio scrivo canzoni, questa rabbia poi dentro i pezzi diventa altro. Ognuno ha il suo modo di sfogarsi. Non mi sento un’eroina  anti-talent , alla Giovanna d’Arco, ognuno è diverso e comunque grazie al cielo  abbiamo ancora la libertà di ascoltare cose diverse. E’ assurdo poi sentirsi investiti di un ruolo, già ci sono tante sovrastrutture addosso quando scrivi, quando canti, essere investiti di un ruolo rischia di ammazzarti. Io penso di essere coerente. Il fatto di fare musica con poche finzioni sopra non è solo un modo per essere gratificato come artista ma il pubblico anche se non lo sa lo percepisce. Sono contenta dei ruoli che mi vuoi dare ma non devo e non posso farli miei.  
Parliamo del  “Puglia sounds “.Nell’ambito di questo progetto sei stata anche oltre oceano. Quale è la tua impressione sull’esperienza negli Stati Uniti?
Questo tour statunitense è stato fantastico. Per la seconda volta,  io c’ero già stata ma questa volta in maniera più strutturata, ho avuto una grandissima sorpresa: le persone gradivano  la musica ed erano  felici alla fine del concerto nonostante non capissero niente di quello che io dicevo. In Italia siamo abituati a dare rilievo alle parole, cosa che anche io ho , quindi non avevo molta fiducia nella riuscita di quei concerti. Il fatto di scoprirlo mi ha dato anche un nuovo punto di vista. Poi ho condiviso il viaggio con grandi artisti  verso alcuni sono anche una grande fan , è stato bello conoscerli meglio e poter suonare con loro, per esempio insieme a   Caparezza e  Subsonica che sono gli artisti che ho visto di più in assoluto.
Avviamoci alla fine dell’intervista. Cosa ci si deve aspettare a Tito?
Bisogna venire ben predisposti all’ascolto. Lo spettacolo sarà un po’ nudo, intimo ma non troppo. Facciamo parlare anche un po’ la musica e saremo energici. Saremo in due, io con la chitarra e Loop- macine  per fare un po’ di arrangiamenti dal vivo e poi MaJiKer ( alias Matthew Ker) che è il mio arrangiatore e sul palco suona il pianoforte , percussioni e altre cose,  io purtroppo non me lo godo a pieno ma mi dicono che è  anche bello  da vedere mente suona. Ci divertiremo, speriamo.
Cosa è la Bellezza? 
La Bellezza è lo stupore. E’ stupirsi della Bellezza stessa.


mercoledì 9 maggio 2012

Federico Salvatore e la sua Napoli

da " Il quotidiano della Basilicata"

Il " Novecento Napoletano" di Federico Salvatore 




di Francesco Altavista



Potenza – Napoli e la sua musica, la sua teatralità, la sua lingua entrerà domani  alle 21:30 nel Cine-teatro Don Bosco di Potenza. Lo fa con un musical storico “ Novecento Napoletano” portato al successo la prima volta da Marisa Laurito ed oggi riproposto in una chiave in sé rispettosa e in alcune sfumature diversa. La rassegna “ Voglia di teatro- teatri in rete” organizzata da ” cose di teatro e musica”, propone al suo pubblico un musical napoletano con numeri da cast quasi colossali. A capeggiarlo i due protagonisti: nella parte che fu della Laurito, Rosaria De Cicco accompagnata dal grande Federico Salvatore. Un evento aspettato da molti dopo il rinvio( inizialmente lo spettacolo era previsto per il due dicembre scorso) di tutte le età pronti ad intraprendere  questo viaggio nella musica napoletana dalla  fine ottocento al secondo dopoguerra. C’è anche tanta curiosità però nel vedere  un Federico Salvatore ormai  da tempo in una veste diversa .Oggi il cantautore si diverte con la satira, costruisce il suo teatro su temi sociali, attacca e difende la sua Napoli, mostra il suo esserci in un mondo che non vuole credere che la cultura possa venire anche dal sud;porta in giro anche uno spettacolo teatrale scritto e diretto da lui “ Se io fossi San Gennaro”. In anteprima rispetto allo spettacolo di domenica ci intratteniamo in una chiacchierata con Federico Salvatore per “ Il quotidiano della Basilciata”.   
Che senso ha per  Federico Salvatore , oggi uno  spettacolo “ Novecento Napoletano” che ha già una sua storia?
Facciamo un piccolo passo indietro a sette anni fa, quando scrissi la mia ballata “ Se io fossi San Gennaro”che  nasce con il proposito  di dimostrare che Federico Salvatore non era solo la macchietta napoletana . Ad un certo punto di  questa ballata parlo di “Coi progetti dal passato e i ricordi del futuro ”. Nell’ultimo decennio  io come cittadino ho sentito l’esigenza di sfogarmi sui mali della città  e come artista l’ho potuto fare. In questi progetti del passato volevo vivere  la dignità di una grande capitale europea e quando mi si è presentata l’opportunità, l’invito sia del produttore che del regista Bruno Garofalo, di essere il protagonista di questo musical “ Novecento Napoletano” per me  è stato effettivamente la coronazione di questi progetti per il passato.
 In cosa con la sua performance ha cambiato questo musical rispetto alla prima edizione?
 In particolare c’è un personaggio Peppino o’ tenor che è un cantante di strada, in questa nuova edizione è un personaggio “vivianesco”: apro lo spettacolo con questo brano “O cantante 'e pianino” pezzo di Viviani. Poi caratterizzo con la voce di Federico di “ Azz” il  personaggio del “ gagà” nel momento in cui si parla un po’ di cinema. 
In questo viaggio viene a contatto con la grande musica partenopea, secondo lei perché quella musica era così importante anche a livello mondiale e perché Napoli non riesce più ad appropriarsi di quella grandezza?
Diciamo che quella grandezza si dimostra anche nel fatto che è  un tipo di  musica molto vicina alla musica classica. La mia rabbia parte dal prendere le distanze dalla musica napoletana contemporanea, sempre nella mia ballata me la prendo con chi “ vuole tagliare la corda con la vecchia tradizione”. Abbiamo un patrimonio che potremmo sfruttare noi stessi napoletani e invece non lo facciamo e diamo la possibilità a grandi artisti come Renzo Arbore, Pavarotti, Bocelli di portare Napoli nel mondo e perché non lo fanno i napoletani?
A proposito di cantanti napoletani c’è una categoria di cantanti che ha solo Napoli e che  tu non ami molto, i neomelodici .  Cosa ci puoi dire di questa categoria?
Oggi   il neomelodico  si auto produce, si compra gli spazi televisivi locali, arriva alla massa e comincia la trafila dei cosiddetti raduni etnici, le iniziative private, comunioni, battesimi , cresime. Questa è l’iter, alla fine ci sta gente che non ha talento e soprattutto mancano le canzoni. Uno dei grandi ex , che da bambino era un fenomeno aveva fatto tantissime comunioni, cresime , matrimoni, si chiama Gigi Finizio che è un signor cantante, ed è uno di quelli che io accuso perché con la voce che ha potrebbe cantare la canzone classica  e invece vuole fare il cantautore accontentandosi solo del suo pubblico napoletano.
Perché dopo il grande successo televisivo hai voluto fare questa virata che ti ha un po’ chiuso le porte televisive ,anticipata già nel 1996 con il pezzo “Sulla porta” presentato a Sanremo che parlava per la prima volta di omosessualità?
 “ Sulla porta”  era prematuro, l’immagine di Federico Salvatore era stata talmente forte che effettivamente aveva spiazzato un po’ il pubblico, se potessi tornare indietro lo rifarei prendendomi più di tempo. La virata forse è stata troppo repentina. Io oltre ad avere Totò ed Eduardo nel DNA mi sono sempre rifatto a grandi maestri come Fabrizio De Andrè e Giorgio Gaber. Poi io  essendo, non un cantante ma  un attore intonato ho sempre pensato che il teatro fosse il mio palcoscenico. Io ad un certo punto ho dovuto fare anche una scelta. Non ci sono le possibilità televisive di proporre le cose che faccio, purtroppo non esistono più gli spazi, è rimasto il festival di San Remo che una volta che lo conosci se sei un artista lo eviti, perché funziona tutto in maniera sbagliata. Come diceva Gaber “ c’è chi vuole  passare alla storia e chi vuole passare alla cassa”.
Cosa è la Bellezza?
La Bellezza è quando da una piacevole sensazione nasce  un’emozione, un stato d’animo particolare.